Cultura e Spettacoli

IL DIZIONARIO DI IRENE BRIN

Da «siesta» a «televisione»: decimo appuntamento con il manuale del saper vivere

SIESTA Dormite a mezzogiorno, all’una, alle due, a metà della vostra giornata e non dico «dopo colazione», perché forse voi, saggiamente, non fate colazione e preferite il sugo di frutta ed il sonno. Chi, nell’orario di ufficio, abbia una, due ore soltanto, preferirà nutrirsi leggermente e dormire profondamente al pasto copioso ed alla sonnolenza successiva.

SIGARETTE Utilissime a teatro, nelle «scene vuote», per dare un contegno all’attore, sono preziose anche nell’incertezza della vita mondana: «Una sigaretta?» e tutto il traffico di accendini che ne segue può spesso risolvere un momentaneo imbarazzo. In genere non si fuma da soli in presenza di un amico o di un semplice conoscente. Si chiede, brevemente, «Sigaretta?», tendendo il portasigarette o il pacchetto. Se il conoscente rifiuta, si accende con serenità la propria. Se la conoscente rifiuta le si chiede, garbatamente: «Non le dà noia?» prima di accendere. Non si insiste mai. Se si sa di avere, nel pacchetto, una sigaretta sola, non la si tira fuori per non creare sublimi sacrifici e lunghe proteste. Se si detestano le sigarette che ci vengono offerte, non si grida: «Che orrore, son troppo forti!». Ma, quasi scusandosi: «Sono a regime e non fumo».

SIGNORA (VERA) «Ah! Ah! ma lei non sa di avere a che fare con una vera signora!». Oppure: «Io che sono una vera signora... »; oppure: «Impari a conoscere una vera signora...». Chi senta suonare questa frase fatidica avrà, comunque vadano le cose, una certezza assoluta: quella di non trovarsi davanti una «vera signora». La vera signora, infatti, non ammette nemmeno lontanamente che si possa crederla altra cosa, esattamente come l’uomo importante non griderà mai, a chi lo urta in filobus: «Lei non sa con chi sta parlando!». Un uomo importante, una vera signora si considerano circondati da un alone di considerazione pubblica e di meriti personali, per cui non ci saranno mai equivoci \.

SIGNORA (LA MIA SIGNORA, LA SUA SIGNORA) Frase che simboleggia cattivo gusto e presunzione ma, per abolirla, bisogna tener conto dei nostri interlocutori, adeguandosi ai gusti e alle ambizioni altrui. Non è mai lecito dire la mia signora invece di mia moglie, ma è talvolta necessario dire la sua signora. Infatti, ad un amico giovane e disinvolto si dirà «salutami tua moglie». Ma l’amico anziano e provinciale preferirà sempre la formula «Molti saluti alla signora». Lo snob apprezza la formula anglosassone del «saluti alla signora Rossi, o Bianchi». E tutti, in fondo, gradiscono la napoletana cerimoniosità del «donna»: «Ricordami a donna Maria o Luisa, o Margherita».

SIMPATIA Non è un dono, è una scienza. Tutti possono riuscire simpatici, se soltanto lo desiderano. Conosco una donna, abitualmente vestita di nero, che per far visita ai nipotini mette sempre una sciarpa rosa, o un cappellino piumato, o una collana luccicante: vuol riuscire simpatica anche ai neonati. Conosco una donna smemorata che segna, su di un enorme libro nero abilmente diviso in rubriche, tutto quello che fa piacere - e dispiacere - ai suoi conoscenti \.

SOFFIARSI IL NASO Tirate fuori di tasca il fazzoletto, che spero immacolato (bisogna averne sempre uno pulito, il che equivale non solo a cambiarlo ogni giorno, ma a tenerne anche di riserva in qualche tasca o, per le donne, in altro scomparto della borsa). Non sparite sotto il tavolo, non voltatevi, non divincolatevi. Ma nemmeno guardate ansiosamente, nel fazzoletto, i risultati dell’operazione. E, una volta riposto il fazzoletto, non toccatevi più il naso, e particolarmente non toccatevelo con le dita nude, che poi offrirete altrui, nella stretta del congedo.

SOLITUDINE Malattia di cui le donne soffrono assai più che non gli uomini, e cercano di combatterla con assoluta ingenuità. Alle lettrici che mi scrivono di uscire dal loro isolamento io ho raccomandato per anni lo sport, la beneficenza, l’associazione a circoli culturali, ricevendone la stessa risposta: «Non sono sportiva. Non sono buona. Non sono intellettuale. Sono stufa di esser sola, e basta». Perché nessuna capiva che un club sportivo o archeologico o musicale le avrebbe consentito continui contatti sociali: mentre, attraverso le opere pie, avrebbe ottenuto contatti umani. Gli uomini normali sono sempre incasellati meglio delle donne: la scuola, la vita militare, l’ufficio, perfino l’abitudine di mangiare in trattoria e di prendere il caffè al bar li collocano e li trattengono in gruppi diversi \.

SONNO È il massimo dei segreti anche se correntemente si citano illustri generali e cantanti famosi capaci di dormire tre ore per notte. Cercate di dormire molto, moltissimo, di ricaricarvi dalla stanchezza, dal nervosismo, dall’angoscia, dormendo. Io assistetti un giorno alla discussione sull’insonnia tra Bergson e Proust che avrei dovuto, se fossi stata capace di farlo, stenografare interamente: fu un sublime squarcio di doppia eloquenza e, ahi! di doppia impotenza, perché infine i due grandi insonni riconobbero che nulla, non la camomilla, non i sonniferi, non l’autosuggestione, non il bagno caldo potevano farli dormire. Tuttavia io penso che ciascuno di noi deve studiare, instancabilmente, su se stesso, le sue reazioni: in genere la stanchezza fisica concilia il sonno, e si dovrebbe fare molto moto nei cattivi periodi. Quanto a me, l’insonnia mi viene dalla vecchiaia: l’addomestico, spiandola perché so che c’è un minuto solo, nella mia veglia, in cui posso vincere. Se riesco, esattamente allora, a posare il libro ed a spegnere la luce, sono salva: altrimenti, mi arrendo per astuzia ed adopro le ore notturne quasi fossero diurne, leggendo, lavorando, scrivendo, rammentando.

SOPRACCIGLIA Fortunatamente, il tempo delle depilazioni assolute è finito, per le donne; e non è mai cominciato, per gli uomini. Chi, tuttavia, abbia sopracciglia foltissime e basse può procedere ad una cauta operazione di «rialzo». Disinfettate la zona delle operazioni, ammorbiditela con crema e poi, servendovi della pinzetta, togliete ragionevolmente quel tanto di peli che vi dà un’espressione imbronciata. Le signore che soffrano del difetto opposto, e cioè di sopracciglia scarse possono: a) farle tingere; b) migliorarle con qualche tocco leggerissimo di matita marrone, verso l’alto, e poi di matita nera sulla matita marrone; c) spazzolarle semplicemente con una goccia di olio di ricino o di vaselina.

SPAZZOLE Se per i capelli, sceglietele con setole disposte circolarmente. E usatele per duecento colpi quotidiani. Se per abiti, diritte: e usatele ogni volta che rincasate sull’abito appena tolto, per non consentire alla polvere di incrostarsi. Lo smacchiatore sia ottimo, e sempre a portata di mano.

SPUTARE Mi meraviglio! Non si sputa mai. E non ci si gratta mai. E non si mangiano le unghie, mai, e non ci si esplora le narici, mai. Quindi non ci sono norme di etichetta per le sputacchiere né per altri orrori del genere.

STERNUTIRE È una specie di piccola disgrazia, si diventa brutti e goffi sternutendo e, se è possibile, bisogna cercare di reprimere lo sternuto, di celarlo discretamente nel fazzoletto. Ma niente brusche giravolte, niente esplosioni, niente scuse. Gli Inglesi riescono spesso a soffocarlo premendo forte un dito contro le narici. I furbi non escono di casa quando sono raffreddati.

SUPERSTIZIONE È una parola che, introdotta nella conversazione, provoca immancabilmente qualche protesta: «È ridicolo essere superstiziosi!». Se però passate ad un esame approfondito della situazione, scoprirete qualche reticenza: «È ridicolo essere superstiziosi! Assolutamente! Però io non passerei mai sotto una scala...». Chi ammette una superstizione, le ammette tutte. È inutile condannare chi teme il sale versato e, per conto proprio, temere le posate incrociate. Ed è quindi doppiamente inutile atteggiarsi a cervello superiore, quando si ha poi una qualunque debolezza. Una persona educata rispetterà, comunque, le superstizioni altrui, e non si sforzerà di convenire alla ragionevolezza il suo prossimo. Quando date un pranzo, quindi, tenetevi ben lontano dal numero 13, anche se a voi il 13 è tanto simpatico. E, fissando una camera in albergo per l’amica che ve ne ha incaricata, scartate il numero 17, anche se a voi è indifferente. E, naturalmente, evitate di introdurre nella conversazione questo tema di cui conoscete gli sviluppi immancabili.

TELEFONO «Pronto, posso parlare con la signora?». «Chi è lei?». «Sono Clara R.». «La signora non c’è». E tanto varrebbe aggiungere «per lei». Ogni volta che una domestica o un segretario o una impiegata risponde così, si ha l’impressione di venir deliberatamente esclusi. Ma anche questo dialogo è stato iniziato male, bisognava dire: «Pronto, sono la contessa R. Posso parlare con la signora?». Se nella stessa famiglia ci sono una suocera ed una nuora, allora si dice «la signora» per indicare la più importante, la più anziana, mentre la nuora verrà chiamata, ad esempio, «signora Maria» \. Chi prende in mano un ricevitore sta per entrare, simbolicamente, sì, ma anche rumorosamente ed imperiosamente, nella casa o nell’ufficio altrui: deve, quindi, per prima cosa annunciarsi. Ma anche chi risponde al telefono ha il dovere di evitare ogni ambiguità ed ogni possibile malinteso. E invece: «Pronto, chi parla?». «Mi dica lei con chi vuol parlare!». «Già, e se avessi sbagliato numero?». «Ma lei ha sbagliato numero». «E come lo sa?». «Vede, le persone che telefonano a me sono tutte per bene, lei invece...» \. In quasi tutti i paesi di Europa, ormai, ogni telefonata, anche nella cerchia urbana, costa: non chiedete, quindi, agli amici che già vi offrono il tè, di offrirvi anche sette colloqui con il calzolaio, l’avvocato, ecc. Ospiti in villa, fate pure, avvertendo, una telefonata intercomunale e, nel momento stesso in cui chiedete alla signorina di mettervi in contatto con Milano o Bruxelles, pregatela di lasciarvi sapere, a telefonata finita, il vostro debito. Chiuderete la somma esatta in una busta, che poserete sulla scrivania del padron di casa, con un rigo di spiegazione: «Ho telefonato a Bruxelles, grazie!» \.

TELEGRAMMI Sono comodissimi ed in molti casi evitano la convenzionalità di lettere noiose (condoglianze e rallegramenti, auguri e cordialità) \. Non permettetevi un «abbraccioti», né un «salutissimi»: per contro non ostentate gli «stop», che evocano i milionari 1920. Scegliete frasi semplici, quotidiane, brevi: troveranno il loro fascino nel fatto stesso di esser trasmesse così velocemente.

TELEVISIONE Probabilmente non è una forma d’arte, e nemmeno d’informazione, poiché soggiace a tendenze politiche ed isteriche assolutamente discutibili. Però va considerata una forma di relax, di assoluto riposo, e non mi sembra affatto utile goderne in gruppo. Diffido degli alberghi che offrono alla clientela diversi salotti per i diversi canali, ma apprezzo gli alberghi che, senza sovrapprezzo, vi mettono un televisore in camera: gli spettacoli televisivi vanno guardati in pantofole e vestaglia, in tranquillità e pace. Solo così potrete sopportarne la mediocrità o apprezzarne gli scarsi meriti.


(10. Continua)

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