«Alla Russia con amore». Era il bigliettino augurale sottinteso con cui la Cia accompagnò un «regalo» diretto ai sudditi dell'Urss. Fa pensare a un film di 007, anche qui la Russia non è il mittente, ma il destinatario...
Il dono era, come da copione, una storia d'amore e di guerra: Il dottor Zivago di Boris Pasternak. Nel gennaio del 1958, pochi mesi dopo l'uscita del libro in anteprima mondiale in Italia per i tipi di Feltrinelli, a Langley, quartier generale della Central Intelligence Agency, giunse un gentile omaggio da parte dei servizi segreti britannici: una copia dell'opera messa al bando dal regime di Mosca, accompagnata da un promemoria. «Questo libro - vi si legge - ha un grande valore di propaganda, non solo per il suo messaggio e la natura volutamente provocatoria, ma anche per le circostanze della sua pubblicazione: abbiamo l'opportunità di spingere i sovietici a chiedersi cosa vi sia di sbagliato nel loro governo quando un'opera di alta letteratura di un autore considerato uno dei massimi scrittori russi viventi non è neanche disponibile nel proprio Paese e nella propria lingua».
Fu così che iniziò The Zhivago Affair, vale a dire il ritorno a casa del capolavoro di Pasternak, il quale proprio nell'autunno del '58 avrebbe ottenuto il premio Nobel. The Zhivago Affair è il titolo di un documentatissimo saggio storico di imminente pubblicazione negli Usa a firma Peter Finn e Petra Couvee. Dove si spiega in che modo si approntò un'edizione in russo del romanzo destinata a invadere Mosca e dintorni. A fungere da «testa di ponte» nell'operazione, la casa editrice Mouton dell'Aja. Dall'Olanda 365 copie furono spedite in settembre a Bruxelles, dove si svolgeva l'Esposizione Universale per la quale erano accreditati ben 16mila visitatori sovietici.
Così il carro armato della macchina organizzativa statunitense liberò il libro di Pasternak. Per liberare i sovietici occorse un po' più di tempo.
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