«Il dovere dello storico? Andare a caccia di fantasmi ideologici»

Franco Cardini è uno degli storici meno «organici» dell'accademia italiana. Lo prova il suo percorso carico di provocazioni intellettuali, che ha fatto sì che spesso fosse accusato da sinistra di essere figlio della destra e da destra di essere eretico su troppi temi, come il rapporto tra l'Occidente e l'islam. Ieri il premio Acqui storia, uno dei più prestigiosi del nostro Paese, ha annunciato che gli conferirà il riconoscimento alla carriera. Anche per questa sua scelta di libertà e di anticonformismo: «l'Acqui Storia intende rendere omaggio all'“intellettuale disorganico” che non si è mai sottratto al dibattito su temi di attualità, a partire da quelli più controversi, intervenendo sempre con intelligenza critica, spirito anticonformista, vivace piglio polemico, senza peraltro nulla concedere a pregiudizi faziosi o a giudizi sommari». Ne abbiamo parlato con lo stesso Cardini.
Professore che sensazione le dà un premio alla carriera?
«In questi casi la sensazione è sempre duplice. Da un lato c'è la sensazione di contentezza. Non tutte le carriere vengono premiate. Ci sono molti altri storici che se lo meriterebbero... però insomma non sarò io dire che hanno sbagliato indirizzo. Poi a volte l'Acqui e le sue scelte io le ho anche contestate, anche se garbatamente. L'ho fatto sempre in spirito di lealtà. E credo l'abbiano capito, questo mi fa piacere. Infine c'è quel pizzico di tristezza: il premio alla carriera sottintende la necessità di guardare all'orologio...».
Quanto crede conti, in questo caso, il fatto che lei sia stato uno storico eterodosso?
«Io sono stato un giovane dirigente dell'Msi. Appartenevo però a un gruppo di persone, tra le quali metto anche Marco Tarchi, che poi hanno fatto altre scelte, che si sono allontanate dalla politica per lo studio. Perché? Perché tutte le categorie - come destra-sinistra, americanismo-antiamericanismo, islam-occidente - ci stavano strette».
Mi fa qualche esempio?
«Parliamo di grandi temi. La categoria Libertà è più di destra, la categoria della Giustizia forse è più di sinistra. Ecco io sono certamente più affine al tema della Giustizia che a quello della Libertà. Ora prendiamo la Tradizione che è di destra e il Progresso che è di sinistra. Io sono sicuramente più di destra. Insomma la mia testimonianza culturale con quello che c'è nell'emiciclo parlamentare c'entra poco. E io infatti nell'emiciclo parlamentare non ci sono mai entrato. Finirei in contrasto con qualunque gruppo mi ospitasse. Avendo scelto di fare l'insegnante e l'uomo di cultura, devo parlare in coscienza. Non che altre scelte siano illegittime ma visto che sono un dipendente del popolo italiano, insegno all'università, credo che nell'impegno che ho preso con questo lavoro ci sia il mantenere la libertà. È un dovere civico».
In Italia però la storia è spesso organica a correnti di pensiero. O no?
«Un conto è la storia a livello accademico e a carattere scientifico, un altro la divulgazione. A livello scientifico esistono molte correnti, molti litigi e anche qualche personalismo che non ci dovrebbe essere. Però la discussione è abbastanza franca e nonostante tutto aperta e legata ai fatti. Diverso invece è l'ambito delle posizioni prese sui giornali e nella divulgazione. Io sono un medievista che si occupa di Mediterraneo, quando dico determinate cose sul mondo islamico le dico in base a ciò che ho studiato. A livello di mass media questa viene vista come una presa di posizione anche “politica”. Non lo è. E su di essa accetto qualunque discussione. Ma sulla base di fatti e non di categorie ideologiche. Questo non capita quasi mai. Se dico che il mondo islamico ha molto influenzato l'Occidente discuto di fatti. Non sono più filo islamico di quanto sia filo ebraico».
E le categorie ideologiche nella Storia?
«La storia a livello massmediatico è sempre assunta con finalità politiche. Io le rispondo così. Per me è sbagliatissimo dire che la storia ha un senso. Io sostengo, e difficilmente mi faranno cambiare idea, che la storia un senso non ce l'ha. La storia non va verso la società senza classi e non va nemmeno verso la liberazione dell'uomo. La storia è ardua e non va da nessuna parte. Quindi rifiuto, da questo punto di vista sia la visione hegeliana sia quella marxista. Essendo cattolico, non escludo la storia abbia un senso trascendente ma come storico di questo non mi occupo, io mi occupo dell'immanente. Penso come Nietzsche che la storia potrebbe anche essere maestra di cose inutili. Non vince sempre il migliore o il progresso. Gramsci, Marx, o dall'altro lato Croce e Gentile hanno fatto dei bellissimi saggi analitici ma la visione globale per me è viziata.

Ecco, liberarci di questi fantasmi ideologici è importante. Lo storico deve invece occuparsi della concreta ricostruzione del passato... Cercherò di farlo anche negli anni che mi restano. Magari dedicandomi di più anche alla contemporanea».

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