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Duško: la spia che ha ispirato James Bond

Si chiamava Duško Popov. Era seduto al tavolo di un casinò e puntò tutto quello che aveva per sfidare uno spaccone peggiore di lui

Duško: la spia che ha ispirato James Bond

Estoril, 1941. Occhi piccoli e chiari trafiggono il fumo denso che riempie la sala da gioco. Fissano l’avversario, seduto dall’altro capo del tavolo da baccarat del casino di Estoril. Labbra carnose scandiscono il numero in francese. Decise, puntano 50mila dollari americani in un bluff che farà epoca. L’avversario, un tale Bloch, lituano insignificante quanto ricco e spaccone, copre la posta. Una cifra enorme per allora, da capogiro. Il lituano scopre le sue carte, e Duško Popov, audace e spavaldo damerino dal fascino slavo, vince. È il doppio dei fondi che gli erano stati affidati per portare a termine una missione segreta.

Seduto dietro di lui è Ian Fleming, scorbutico e visionario agente del servizio informazioni della Marina britannica. Ovviamente sotto copertura. Rimane infatuato dalla scena, dalla freddezza, della classe, dal brivido del rischio che ha suscitato in lui quell’uomo. Ne trarrà spunto per un romanzo di spionaggio, se un giorno finirà la guerra e ne uscirà vivo. Ne è certo. Il protagonista si chiamerà James Bond, come un celebre ornitologo dal nome semplice. Quell’uomo invece, sotto le mentite spoglie di un facoltoso uomo d’affari, in realtà è una spia al soldo dei tedeschi. Nulla di semplice. Il suo nome codice a Berlino è “Ivan”, ma gli inglesi invece hanno deciso di chiamarlo “Tricycle” : perché pare essere appassionato dal ménage à trois, o forse perché ha scelto di lavorare anche per loro. Soprattutto per loro. Il suo vero nome e Dušan, jugoslavo della Dalmazia che ama le belle donne, il gioco d’azzardo, i vestiti eleganti e le macchine veloci; ma odia la guerra come i nazisti che l’hanno iniziata e la Gestapo che lo ha incarcerato quando era in Germania, e ora per vendetta ha trovato un modo per combatterli dall’interno: essere assoldato nel servizio di spionaggio di Hitler e fare il doppio gioco per sua Maestà.

Bello, dai modi aristocratici e poliglotta, Dušan Popov è uno snob che sa muoversi nell’alta società come un araldo, libertino e liberale non è diventato una spia perché crede nel Reich e tanto meno nella supremazia cui crede di essere destinata la Germania nazista, ma perché un suo compagno d’università con il quale faceva bisboccia ai tempi di Friburgo che lo ha salvato dall’essere spedito in un campo di concentramento glielo ha proposto, e lui, che amava troppo l’avventura, non poteva rifiutare.

Così quando si sono incontrati in Jugoslavia per un randez-vous comandato da Berlino, lui prima ha accettato di diventare un uomo del controspionaggio nazista - l’Abwehr - e poi si è corso all’ambasciata britannica di Belgrado per raccontare l’accaduto, e per offrire i suoi servigi di spia all’Inghilterra che imperterrita resiste difesa dalla Manica. Per questa scelta temeraria dal 1940 vivrà nella menzogna e nel rischio di essere assassinato dagli agenti di entrambe le parti. Tentando di fornire addirittura all’Fbi di Edgar Hoover informazioni segretissime sull’Asse e mentre era inviato dell’Abwehr negli Stati Uniti - mettendoli in guardia su un possibile attacco alla flotta del Pacifico che è alla fonda nelle Hawaii, in una certa base di Pearl Harbor. Nessuno gli darà ascolto purtroppo. Entrato a far parte del “comitato XX” allestito dalle sezioni 5 e 6 dell'intelligence britannico: un’unità di coordinamento sotto il controllo di un ufficiale del MI5 per elaborare informazioni senza alcun valore strategico che potessero essere “cedute” al nemico senza che potessero influire negativamente sull’andamento della guerra per gli alleati; continuerà ad intrattenere il rapporto con i tedeschi senza insospettirli, e potrà finalmente fornire tra queste informazioni informazioni fuorvianti che spostino gli equilibri del conflitto. E facendo la spola con tra Londra, Berlino, e quel Portogallo "neutrale" che divenne un crocevia di spie.

Sarà qui infatti che metterà a segno, insieme ad altri doppiogiochisti di fama come la spia nome in codice “Garbo”, la missione più importante della sua vita: consegnare ai tedeschi notizie “false” confezionate dall’Operazione Fortitude per convincere che gli alleati sarebbero sì sbarcati in Francia nell’estate del 1944, ma nel Calvados, non in Normandia. L’operazione sarà un successo, e le spie che vi presero parte potranno condividerne il merito. Compreso Popov, che sopravviverà alla guerra e lo racconterà nelle sue memorie; come quell’osservatore attento del servizio informazioni della Royal Navy che lo aveva notato in Portogallo mentre giocava al casinò; e che riporterà quella scena degna di un’epifania nel suo primo romanzo: Casino Royale.

Sarà un altro successo.

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