In alcuni casi le due condizioni coincidono: vi sono artisti universali e popolari. Pensiamo a Leonardo, a Michelangelo, a Raffaello. Ma anche la coincidenza di queste due condizioni non comporta che ciò che essi hanno creato ci riguardi. Gran parte dell’umanità vive senza Dante o con una conoscenza molto limitata e convenzionale dell’opera di Dante. Lo stesso si può dire di Leonardo, di Michelangelo, di Caravaggio. Ma capiscono di più quelli che molto studiano o quelli che vengono folgorati da una improvvisa apparizione? Qual è l’effetto che produce a un osservatore, impegnato e disinteressato, una scultura dell’Antelami o un dipinto di Lorenzo Lotto? Dobbiamo rassegnarci a conoscenze imperfette anche per coloro che hanno predilezioni e rapporti privilegiati con le opere d’arte.
Cominciamo dunque con Wiligelmo, proseguiamo con Giotto, Duccio di Buoninsegna, Pietro Cavallini e così per cento opere immortali. Molti saranno curiosi, molti interessati, alcuni faranno la collezione degli inserti, i più coscienziosi e i più critici leggeranno tutto; qualcuno partirà per andare a vedere le opere segnalate. Ma, per fare una ipotesi, quale sarà la reazione e quale il livello di curiosità e di coinvolgimento del direttore di questo giornale?
Quando l’impresa iniziò con un taglio più discreto e senza lo schema dell’uno contro tutti, che contrappone questo inserto monografico al domenicale del Sole 24Ore il direttore, nel manifestare il suo compiacimento, mi disse, non so se esprimendo una sua preferenza o una convinzione viscerale, che il pubblico sarebbe stato più attratto dall’arte contemporanea, intendendo una periodizzazione che risalisse agli Impressionisti. Non potremmo sapere se aveva ragione, perché non lo abbiamo in alcun modo ascoltato, iniziando con un autore di quasi mille anni fa, Wiligelmo, il quale, per altro, al mio maestro Francesco Arcangeli evocava Jackson Pollock. Dunque noi, a ritroso, siamo partiti dall’inizio dell’arte moderna, che è un po’ più indietro degli Impressionisti, ma non importa.
Quello che troveremo in questo viaggio non è comunque misurabile in termini strettamente cronologici e non perché le opere d’arte siano senza tempo, ma perché leggerle e interpretarle implica tentare di dimostrare ciò che apparentemente non si vede e chiarire, per approssimazione, ciò che unisce il presente alla storia e annulla il tempo e la distanza fra un’opera e l’altra. Così il direttore potrà vedere De Chirico in Maso di Banco e Klimt in Simone Martini. D’altra parte all’università fu entusiasmante vedere l’affinità, quando non l’identità, di Pier della Francesca e Mondrian attraverso la puntuale lettura del mio maestro, Francesco Arcangeli. Nessuna forzatura e nessun tentativo di attualizzare, con interpretazioni arbitrarie, ma una limpida visione delle costanti della civiltà occidentale e dei «tramandi» che rendono affini cose lontane.
E dunque iniziamo un cammino, senza l’ambizione di proporre manifesti per la cultura, ma qualche illustrazione e chiarimento perché parlino alla nostra ragione attraverso gli occhi le immagini con le quali gli artisti hanno trasformato la realtà vivente in interpretazioni della loro anima. Sarà evidentissimo in pittori come Vitale da Bologna e Crivelli, Correggio, Parmigianino e Cosmè Tura.
E che gli artisti dialoghino attraverso i secoli è esemplarmente evidenziato in una mostra a Forlì dove proprio Cosmè Tura, artista del Quattrocento ferrarese, è messo a confronto con Adolfo Wildt, scultore del primo Novecento.Nell’arte, i tempi sono lontani, il pensiero è uno.
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