Elmore Leonard torna alle storie di sceriffi e «frontiera»

Elmore Leonard abbandonò la letteratura western degli esordi (adattata al cinema con successo in film come Quel treno per Yuma o Hombre ) quando la televisione americana, alla fine degli anni '50, cominciò a non avere più bisogno di storie di frontiera. Da quel momento Leonard abbracciando la letteratura noir e ambientando i suoi romanzi fra Detroit, Atlantic City, New Orleans e La Vegas cercò di dimostrare come quei luoghi fossero perfetti per raccontare il volto criminale degli Stati Uniti. A tratti, nella sua produzione il desiderio di ri-raccontare la Frontiera è però riemerso grazie alle storie di due sceriffi: Raylan Givens e Carl Webster. Se il primo, dopo una serie di libri, è diventato protagonista della fortunata serie tv Justified , il secondo ha avuto una vita letteraria singolare, sfociata in due romanzi e una manciata di racconti. Quando nel 2005, a 79 anni, Leonard pubblicò Hot Kid , per evidenziare come il confine fra il Far West e l'America della Grande Depressione fosse davvero labile, pose al centro del romanzo un personaggio come Carlos Webster: uno sceriffo che potesse rivaleggiare con quelli mitici del Far West ma che al contempo fosse aggiornato alla modernità. Quel protagonista era già apparso in due precedenti racconti che oggi tornano nel volume antologico Le storie di Carl Webster (Einaudi) assieme al romanzo breve Conforto per il nemico .

Carl Webster è un uomo che vive seguendo il motto prediletto degli sceriffi americani: «Non lasciar fuggire nessun colpevole». E lo fa se è convinto che l'uomo che vuole arrestare è colpevole di qualcosa. D'altra parte la prima volta che il nostro è entrato in contatto con il mondo del crimine è stato nell'estate 1921 quando a 15 anni assistette a una rapina al drugstore di Deering. Carl era appena entrato nel negozio per mangiarsi un gelato, dopo aver portato una mandria di vacche a Tulsa, quando il rapinatore Frank Miller decise di stendere un povero indiano. Il ragazzo si offrì come testimone oculare del fatto e lo raccontò alla polizia, nonostante gli adulti facessero di tutto per non credergli.

A 21 anni poi, Carl Webster dopo aver sparato al rapinatore Emmett Long si è fatto tatuare su un braccio un altro motto: «Che Dio aiuti noi sbruffoni...». E, in effetti, ci è voluta parecchia spavalderia per scegliere di diventare tutore della legge nel periodo della Grande Depressione, quando spadroneggiava gente come Bonny e Clyde o John Dillinger...

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica