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Un fato così ingiusto e solitario: perché leggiamo sempre la stessa storia?

Il mito de La bella e la bestia non ha mai smesso di affascinare il pubblico, che continua a cercare questo tipo di narrazioni, con una struttura nota e cliché inconfondibili: come nel caso di Un fato così ingiusto e solitario

Un fato così ingiusto e solitario: perché leggiamo sempre la stessa storia?

Ci sono storie che non vanno mai fuori moda: narrazioni che, rispondendo a strutture consolidate nel tempo, finiscono con il richiamare a sé porzioni più o meno ampie di lettori che vogliono leggere l'ennesimo re-telling di una storia che si conosce a menadito. Un fato così ingiusto e solitario di Brigid Kemmermer, nella traduzione di Matteo Curtoni e Maura Parolini, rientra in questo genere di operazioni.

Ad attrarre il pubblico non è tanto la bellissima edizione targata Oscar Vault di Mondadori, né solo la trama che campeggia nella quarta di copertina. Ciò che attrae immediatamente l'attenzione di un potenziale lettore che si avvicina a Un fato così ingiusto e solitario è la consapevolezza di trovarsi davanti a una nuova rivisitazione dell'archetipo de La bella e la bestia, che continua ad essere una delle strutture narrative più sfruttate da autori e case editrici. Persino il cinema e il mondo della serialità televisiva traboccando di storie che devono il proprio svolgimento allo stereotipo della bella contrapposta a una creatura dall'aspetto mostruoso in attesa di redenzione.

Ma cosa c'è di così affascinante in questo tipo di storie? Perché è così facile subire il fascino di un racconto dove i protagonisti sono assoggettati ai capricci di una maledizione e costretti a vivere delle vite in gabbie dorate? Se ci si soffermasse a fare un'analisi sociologica sulla struttura della fiaba sarebbero senz'altro molti i problemi che salterebbero all'occhio. C'è qualcosa di sbagliato in una donna che accetta una prigionia a vita per salvare i propri affetti e altrettanto aberrante è l'idea di un uomo che accetta di tenere prigioniera una ragazza con la speranza, folle, di farla innamorare. Molto spesso si parla di Belle come di una vittima della sindrome di Stoccolma, la condizione per cui la vittima di un rapimento finisce col provare sentimenti ed emozioni nei confronti del proprio carceriere. Ma quando si analizza un'opera bisogna sempre tenere presente il contesto in cui è nata e la morale che porta con sé.

Il successo dell'archetipo de La bella e la bestia sta nella voglia - spesso taciuta o nascosta - di credere davvero che "La vera bellezza si trova nel cuore". In un'epoca come quella attuale, sovrastata dai social media e dominata dall'idea dell'apparenza a discapito della verità, il messaggio della fiaba appare più attuale che mai, più necessario che mai. E la fiaba racconta proprio la ricerca della verità, di ciò che si nasconde sotto la superficie. Si continuano a leggere rivisitazioni della favola perché il mondo ha bisogno di credere non solo nel lieto fine, ma anche nella possibilità che ciò che si è, ciò che si nasconde sotto abiti firmati e filtri instagram, abbia ancora un peso. Abbia ancora la sua importanza.

Un fato così ingiusto e solitario: la modernità di una fiaba antica

Un fato così ingiusto e solitario racconta la storia di Harper, una ragazza di Washington D.C. con una paralisi cerebrale che è costretta a fare da "palo" mentre suo fratello malmena clienti di un crudele usuraio per cui lavora nella speranza di racimolare abbastanza soldi per poter curare la madre, malata terminale di cancro. Un giorno, però, Harper si intromette in qualcosa che vede e non capisce e si ritrova catapultata in un mondo che non è più il suo, all'interno di un castello con strumenti che suonano da soli e camere che rimandano l'odore ferroso del sangue e delle stragi che vi si sono compiute. All'interno del castello c'è il Principe Rhen, che è stato maledetto a trasformarsi in un mostro crudele e famelico sul finire di ogni stagione, almeno finché non troverà qualcuno disposto ad amarlo.

Nonostante la trama segui in modo quasi pedissequo le tappe determinate dalla lunga tradizione letteraria, Un fato così ingiusto e solitario presenta alcuni cambiamenti che non sono da sottovalutare. Come avveniva anche in casa Disney, con il film del 1991, il personaggio femminile principale - in questo caso Harper - non ha sorelle messe in mostra solo per controbilanciare le sue qualità e sottolineare così la purezza della ragazza. Harper ha invece un fratello che è troppo impegnato a sopravvivere per fare da "specchio" della sorella. Questo fa sì che la protagonista si riveli al pubblico solo attraverso le proprie doti e i propri difetti, senza doversi fare carico dei pregi dei familiari.

Un'altra caratteristica innovativa sta nel fatto che il principe Rhen non è affatto "mostruoso". Al di là dei momenti in cui la maledizione lo porta a diventare qualcosa di abietto senza umanità e coscienza, Rhen si presenta come la perfetta rappresentazione del più canonico principe azzurro: affascinante, con capelli biondi e modi principeschi. In questo caso Un fato così ingiusto e solitario soverchia la tradizione e presenta al pubblico una rilettura in cui il carattere "bestiale" della controparte maschile è rappresentata dalla difficoltà di comunicare, di convincere gli altri di aver superato i difetti del proprio carattere e di essersi lasciato alle spalle l'arroganza di un tempo. La bella e la bestia di questa nuova rilettura sono figli dell'epoca in cui il libro è stato scritto: un periodo in cui la comunicazione è sempre più difficile, sempre più soggetta a incomprensioni dovute ai nuovi mezzi di comunicazione. Allo stesso modo Harper e Rhen costruiscono la loro relazione sulla non-comprensione, sulla difficoltà di mettersi l'uno nei panni dell'altra, arroccandosi dietro l'arroganza di credere che il proprio punto di vista sia l'unico corretto. La vera maledizione, dunque, è quella di non essere compresi.

Una rilettura femminista?

Sullo sfondo di un mondo che molto deve alla tradizione del cosiddetto high fantasy - di cui Tolkien e George Martin sono gli esponenti - Un fato così ingiusto e solitario prende il mito de La bella e la bestia e lo trasforma e, in parte, lo rinnova. Un esempio, in questa direzione, è dato dal motivo per cui viene gettata la maledizione. Nell'immaginario collettivo si è abituati a pensare all'incanto gettato sulla bestia come a una forma di punizione per un carattere troppo arrogante e menefreghista. Si vede La bella e la bestia con la sensazione che il principe Adam meriti il destino che gi viene imposto dalla fata che lo maledice, perché si tratta di un incantesimo punitivo e rieducativo. La bestia diventa tale perché il suo aspetto richiama la deformazione del suo animo crudele, pronto a trattare male anche i fidati servitori. In Un fato così ingiusto e solitario c'è una piccola ma sostanziale differenza. Lilith, l'incantatrice che getta l'incantesimo, non lo fa con lo scopo di redimere un principe: lo fa con la rabbia di chi vuole punire qualcuno che ha giocato coi suoi sentimenti. Pur non essendo affatto una lettura di stampo femminista - non ne ha nemmeno le pretese - Un fato così ingiusto e solitario punta a dare comunque attenzione alle sue protagoniste femminili: Harper, con la sua disabilità, Lilith, con il suo cuore diventato crudele. È una giostra di personaggi femminili chiamati a resistere, personaggi che si muovono comunque in un mondo fatto e pensato per gli uomini, ma che si reinventano sempre, nel bene e nel male. E questo forse è uno degli elementi più interessanti di tutta l'operazione. Rhen e Harper si innamorano sullo sfondo di un mondo che è tanto in divenire quanto lo è la loro vita e la loro consapevolezza di se stessi.

Non c'è niente di veramente sorprendente in Un fato così ingiusto e solitario: tutto, nella trama, è facilmente intuibile e la risoluzione del conflitto sentimentale tra i due protagonisti è abbastanza scontato. Ma in operazioni letterarie di questo tipo questa mancanza di originalità non è propriamente un difetto. Il pubblico cerca di sua spontanea volontà un mondo a lui familiare, con dei cliché a cui non vuole rinunciare e che invece esige di poter leggere. Tutti sanno che il principe verrà amato dalla bella giunta a ridare vita ai corridoi del suo palazzo, ma questo non intacca affatto la riuscita di un libro. Quando si ha a che fare con i re-telling de La bella e la bestia valgono metri di giudizio che non sono adatti a nessun'altra opera.

Il libro di Brigid Kemmerer si mostra abile nel riuscire a preservare un equilibrio affatto scontato: da una parte utilizzando i cliché della fiaba, dall'altra sfruttandoli per scrivere una versione della fiaba che, pur essendo ambientata in un castello e in un mondo magico, è moderna e attuale.

Un fato così ingiusto e solitario

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