La fiaba di Natale/ L'albero

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La fiaba di Natale/ L'albero

In quel tempo in cui le parabole erano le antenne delle parole, viveva un narratore: <C'era una volta un seme piccolo, piccolo - narrava - ma c'era anche un vento grande, grande>. Mentre cadeva da un pigna per entrare nella terra dei suoi fratelli abeti, il seme fu inghiottito da quel vento maestoso e trasportato dalle montagne fino al deserto. Entro' nella terra della solitudine dominata dal Grande Sole e, benché per lui fosse la terra sbagliata, con tanta fatica mise le radici, trasformandosi piano, piano in una pianta.

<Ah, ah - rideva il Grande Sole - tu non sarai mai un abete! Gli abeti non nascono nel deserto. Non sei così forte da sopportare la mia luce, unica lucerna dell'Universo, l'infallibile, il faro che illumina le cose del mondo. Questo fuoco ti brucerà>. L'albero cresceva nel suo tronco sottile senza rami. Quando arrivava la notte, un Serpente lo derideva. <Hai visto, anche oggi nessuno si e' fermato alla tua ombra senza forza. Un albero che non ha un'ombra non e' un albero. Gli uomini ti guardano da lontano e ti credono morto>.
L'albero riusciva a resistere solo grazie ai suoi sogni.
Quando dormiva si vedeva su montagne innevate e gli scoiattoli sui suoi rami giocavano con le palle di neve. <Tu ce la farai> gli diceva uno Scoiattolo tra gli altri e lui gli credeva, non solo in sogno ma anche al risveglio.
Il giorno, oppresso dal Sole, scrutava le carovane. Le donne ondeggianti come miraggi, dai lunghi capelli profumati come fili di vaniglia, il collo di cigno e la fronte come un lago, passavano sui cammelli ma non degnavano l'albero di uno sguardo, credendolo secco.
<Ti spiace se mi siedo un po' qui, così quando giunge il sole avrò un po' d'ombra?>. Un giorno la voce di un giovane, arrivato d'improvviso prima dell'alba, lo svegliò. Gli occhi del ragazzo erano arancio come l'acqua degli Universi. Portava un libro in mano e una spada al fianco.
<Chi sei? - chiese l'albero - Di certo vieni da molto lontano, perché tu non sai che io non sono un albero. Non ho un'ombra per ristorarti e appena arriverà il Grande Sole capirai>.
<Oh, sì - disse il giovane - tu non solo sei il mio albero ma anche la mia culla>.
<Di certo tu sei un poeta, porti in mano un libro, oppure un guerriero, hai una spada, comunque in ogni caso sei un visionario perché mi vedi come non sono>. Il ragazzo iniziò a raccontare una storia affascinante in cui l'abete era una pianta dalla luce più chiara del Grande Sole, finché una sera, scrutando il cielo cobalto tra le dune dorate, il giovane disse: <Scusa, devo andare. In questa notte di dicembre devo nascere. Ma un giorno ci rivedremo>.
Preso dalla tristezza del distacco, dalla malinconia di un'illusione che svaniva perché in quelle parole il ragazzo dimostrò d'essere veramente un visionario, il cuore del povero abete non resse e tum, tum, tum... smise
di battere. Mentre attraversava la valle della morte, l'abete sentì una calda piaggia cadere su di sè che lo richiamava indietro, alla vita.
<Allora è vero - esclamò - sono una culla!>.
<Guarda che specie di culla sei. E guarda che fine ha fatto il tuo guerriero!> sussurrava il Serpente.
L'albero vide la testa sanguinante del giovane appoggiata al suo tronco, mentre il Grande Sole illuminava sulla terra la sua ombra: una croce.
<Tu mi hai mentito, non mi hai mai raccontato la verità - disse al giovane uomo morente - io sono una croce. Sono il tuo patibolo, non la tua culla>.
<Ogni mia parola era vera - rispose il giovane uomo -. Se non credi a me, credi almeno a lei>. E spirò. L'albero chiuse gli occhi solo un attimo, non voleva morire un'altra volta, voleva credere al ragazzo, e non appena li riaprì vide cime di monti innevati intorno a sè, sentì la luce delle stelle rinvigorire i suoi rami profumati di resina, avvertiva l'eco nelle valli avvolgerlo in un abbraccio fresco come un roseto. Uno Scoiattolo correva sul suo ramo più alto. Mentre la sera scendeva come un manto di velluto blu sulle spalle di una donna, una giovane donna veniva verso di lui nella neve con un passo leggero. Portava in mano solo una candela in una bugia d'oro e sotto il mantello aveva la pancia rotonda come una melagrana.
<Ciao Grande Albero di Natale!> esclamò felice. Appoggiò la candela su un ramo e una pioggia di fiamme s'accese su tutta la magnifica pianta.
<Ciao, piccola, come ti chiami?> chiese l'albero.
<Maria.

Ti spiace se mi siedo qui, così quando arriverà la notte tu sarai la mia luce. In questo plenilunio di dicembre darò alla luce un figlio>.
L'albero capì. Raccolse Maria tra i suoi rami lucenti e vide gli scoiattoili dai mantelli arancio come gli Universi entrare lieti nelle loro calde tane.

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