I romanzi dei nuovi media

Racconto solo le svolte nei loro destini

I romanzi dei nuovi media

«Mother, Father, I’m here in the zoo». Questi sono i primi versi di Goon Squad, vecchia canzone di Elvis Costello. Non stanno qui a caso. Jennifer Egan è seduta in un albergo alle spalle di Piazza del Popolo. È la prima volta che torna a Roma dopo il Pulitzer. Se c’è un romanzo che racconta le vite che stiamo vivendo, con questo sentimento del tempo che s’incrosta sulla pelle e poi ci gira intorno, disorientandoci, con una narrazione fatta di finestre che si aprono e si chiudono, con frammenti di storie che vanno, scompaiono e tornano, con video e colonne sonore che illuminano la nostra pagina quotidiana, questo è Il tempo è un bastardo (Minimum Fax, pagg. 391, euro 18). Ma il titolo americano è A visit from the Goon Squad ed è una citazione che tira in ballo Costello. Sono 13 novelle che hanno come epicentro un discografico e la sua assistente, intorno entrano e escono una miriade di personaggi, una costellazione di gente, che sfiorano, intercettano, captano e si incrociano i due eroi. Sono i loro amici, conoscenti o follower. Ed è come stare in uno zoo, guardando il tempo e il mondo un po’ di lato, sbirciando qua e là o meglio, come direbbe, Jennifer, «sideways».
Come sta cambiando il modo di narrare?
«Il Don Chisciotte o il Tristram Shandy non sono stati scritti due giorni fa. Lì c’è già tutto. Non penso che i nostri tempi richiedano una rivoluzione del romanzo. L’importante è raccontare bene le storie, sfruttando tutte le possibilità della forma romanzo, che per sua natura è aperta e flessibile».
Eppure c’è un intero capitolo raccontato per slide. Una ragazzina dodicenne narra in PowerPoint la mania del fratello di misurare le pause delle canzoni rock.
«È merito di Obama».
Di Obama?
«Sì. Leggo da qualche parte che la svolta nella sua campagna elettorale coincide con la presentazione del suo programma in PowerPoint. Non un discorso. Non un confronto. Non qualcosa tipo Kennedy contro Nixon in tv. Ma slide. Alison fa la stessa cosa. Usa PowerPoint per raccontare la sua famiglia».
Di solito le slide sanno di riunioni aziendali e noiosi progetti da declinare davanti a qualche amministratore delegato. Un po’ fredda come narrazione.
«Non c’è dubbio. Il PowerPoint di solito è molto noioso. Il racconto di Alison è caldo, dolce, intimo, familiare. È questa la scommessa: dare alle slide una forma letteraria».
Molti personaggi del romanzo vanno alla ricerca di un tempo perduto. Il mondo di Swann nel ventunesimo secolo sarebbe frequentato da rockstar e dal circo di groupie, produttori, uffici stampa, giornalisti e scrocconi vari?
«Non farei questo sgarbo a Proust. Quella che si muove intorno a Swann è una società aristocratica. Sono un’élite che sa di esserlo e viene riconosciuta come aristocrazia. Io parlo di individui che si dannano e si arrabattano per cercare visibilità, soldi, una carriera. Si muovono per arrivare in alto in ordine sparso».
E in questa fatica li vedi approdare dove non te lo aspetti. Tutti cercano di scalare le posizioni di partenza, ma il domani appare sempre più stanco e scialbo rispetto a ieri.
«Mi interessa catturare le loro svolte, come si piegano i loro destini. Solo che questi salti non li racconto, li lascio intravedere. Li prendo nel momento immediatamente precedente al grande passo e poi li ritrovo quando sono già dall’altra parte. I romanzi vivono anche di fuori scena. È lo spazio bianco del lettore».


Oltre alla canzone di Costello c’è una play list che accompagna Il tempo è un bastardo?
«C’è un gruppo Indie Pop di Los Angeles, i Let’s Go Sailing, che ascoltavo nelle pause di scrittura. E c’è una canzone in particolare che ho ascoltato mentre camminavo per ore. Quattro ore sempre con la stessa canzone. È Sideways».

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