Un'«Iliade» moderna che appassiona come un film di guerra

Un'«Iliade» moderna che appassiona come un film di guerra

Per chi ama la poesia, sarà un festa questo libro del grande svedese Jesper Svenbro (Romanzo di guerra. Poesie, pagg. 167, euro 20, ES editore, con un'introduzione di Marina Giaveri e dieci disegni di Arnaldo Pomodoro). È un libro coraggioso e controcorrente, che prende la Seconda Guerra Mondiale come tema centrale, ma che soprattutto dà all'idea di poesia una nuova, straordinaria ampiezza di registri, di spazi e di respiro. È innanzi tutto un romanzo famigliare, un discorso sommesso ai propri Lari, perché il protagonista, il soldato Llavador, intrepido paracadutista, è il padre della moglie dell'autore, il nonno dei suoi figli. Il libro che ne racconta le avventure è un omaggio al valore, al coraggio, all'energia vitale, che sarebbe piaciuto a Borges, ma è soprattutto un omaggio agli affetti più profondi e alle memorie più care.
Comincia nel 1942 con l'episodio della fuga dalla caserma nei pressi di Algeri, dove il soldato Llavador per il regime di Vichy era considerato un «bolscevico», con uno stratagemma che lo porta e ritrovarsi l'anno dopo, in uniforme britannica, su un battello diretto a Liverpool. Parallelamente, il libro ci mostra, con una tecnica cinematografica che poi verrà sottolineata dalla citazione di Bogart e della Bergman in Casablanca, un commesso di una camiceria di rue de Rivoli che fugge dal negozio quando vede il padrone fare il saluto nazista durante una sfilata degli occupanti tedeschi. È Jean Hameury, che rivediamo con il soldato Llavador nella squadra di paracadutisti autori di azioni di sabotaggio dietro le linee tedesche. Ragazzi che sorridono della speciale gioia che dà l'azione, nella fotografia sulla copertina del libro, appoggiati a un furgone. Il sabotaggio che vede la squadra minare un tunnel, sbullonare le rotaie, costellare di dinamite i serbatoi dell'acqua è descritto con una classicità di tono che ci ricorda che Svenbro è anche un formidabile studioso di letteratura greca, e che non può non aver pensato a una Iliade moderna mentre metteva in scena i suoi combattenti. Così come ha pensato al Politico di Platone quando nella motivazione alla Croce di guerra di Llavador legge il binomio: «coraggio e prudenza».
Di fronte alla solenne decorazione del suocero, il poeta riflette sul proprio rapporto con il coraggio fisico. Lui è uomo da libri, da convegni: si descrive nella pausa di uno dove pronuncia un intervento intitolato «Immaginare il mai visto». Un poeta non può fare altro. Oltre che coltivare la memoria, la mitologia familiare, interrogarsi su di essa: possibile che in casa del suocero, nella panetteria-pasticceria Monte-Carlo, in via Bab el Ouad 36 ad Algeri, i due pastori tedeschi si chiamassero Mosca e Stalin? Un comunista che chiama Stalin il suo cane è un fanatico o un dissidente? Nel cuore del libro, c'è una storia di amore e guerra che culmina nel fidanzamento di Llavador con una ragazza dai bei capelli biondi, a Largs, in Scozia. L'«epilogo eroico» si svolge a Chateau-Bougon, vicino a Nantes, dove il terzo raggruppamento dei cacciatori-paracadutisti aveva sede: molti sono pronti a partire per l'Indocina. Invece Llavador si dichiara studente e si congeda.

Così anche il suo compagno Hameury, che va a vendere per fiere e mercati prodotti per le pulizie domestiche. Ecco l'eroismo ricompensato dalla gioia più semplice: la vita quotidiana della Francia, popolare e dolce, le note delle Foglie morte sulle parole di Jacques Prévert.

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