L’appetito vien mangiando E Adrià si pappa un museo

Lo chef inventore della "cucina molecolare" viene celebrato a Barcellona. Con una rassegna fra arte, scienza ed estetica

L’appetito vien mangiando E Adrià si pappa un museo

«Ferran Adrià coordinerà per i prossimi cinque anni un corso di cucina ad Harvard». «La Fondazione elBulli, think tank center per il mondo, aprirà nel 2014». «Hollywood farà un film sul genio in cucina». Sono solo alcuni dei titoli che colpiscono entrando alla mostra che la Catalogna ha dedicato ad uno dei suoi figli più illustri, uno dei più grandi cuochi viventi, il creatore della cucina molecolare, che ha avuto il coraggio di innalzare a mito, e di chiudere (il 30 luglio 2011), il ristorante numero uno al mondo, «elBulli», dopo 25 anni di successi ininterrotti.

Rischio, libertà e creatività è il titolo dell’esposizione (Palau Robert, fino al 3 febbraio 2013) che a Barcellona attrae catalani e turisti in egual misura. Fin qui, niente di nuovo: dopo la moda e l’architettura, la cucina è l’ultimo luna park globale che sta catalizzando l’attenzione di editori, produttori cinematografici e televisivi, esperti di costume, sociologi. Dopo gli archistar, gli chefstar: uomini e donne che fanno di ogni piatto un culto, di ogni ricetta un mantra, in cui la lattuga si fa seta, i liquidi diventano croccanti, le verdure dolci, le salse solide, il conto sale a 200 euro di media e un normale locale sulla Costa Brava diventa una leggenda dalla cui cucina passano mille cuochi in 15 anni, trasformando l’Adrià delle origini - partì come lavapiatti - in un guru da 3 stelle Michelin impegnato per 15 ore al giorno a guidare un team di assoluta avanguardia (ma solo da aprile a settembre, per usare sempre ingredienti di stagione).

Puoi inventare quel che vuoi, ma se non lo concettualizzi non sei nulla, inneggiano i pannelli della mostra: la minigonna la portavano già i Greci e i Romani, ma senza Mary Quant non sarebbe diventata la minigonna. La frittata? Esisteva già prima che mangiarla da elBulli costasse una fortuna, ma non era diventata «esperienza», essenza, «concetto di frittata». E anche qui, nulla di nuovo: troppi hanno studiato la storia della cucina per reinterpretarla, senza cavare un ragno dal buco. Poi arriva la cipolla caramellata di Davide Oldani e si grida al miracolo.

Ma Ferran Adrià è già oltre, e questa mostra ne consacra l’ennesima spericolata intuizione: la cucina deve diventare luogo superiore, che racchiude e assorbe, in una filosofia complessa e intricata, tutto il sapere umano. Già per comprendere come funzioni la gastronomia molecolare bisogna avere competenze non trascurabili. Ma ora Adrià ci vuole portare nell’inesplorato territorio in cui scienza, letteratura, arte, architettura, estetica sono di supporto alla cucina, che diventa soggetto di disquisizione accademica, necessita di ispirazione come e più delle sette arti note, è esplorata in decine di volumi, conferenze mondiali che registrano il tutto esaurito nelle università come e più di quelle letterarie, abbisogna (è il caso di «elBulli») di 6 libri e 6 cdrom per un totale di ottomila pagine per spiegare come è nato e si è evoluto un ristorante.

I pannelli della mostra catalana titolano senza pudore una serie di approfondimenti sugli «elBullivirus», marchio registrato che indica le contaminazioni che musica, scienza, storia industriale, graphic design hanno inoculato nelle duemila creazioni di Adrià, perché «per una cucina che va capita, è vitale creare elementi che possano essere studiati». E così, grazie alla Fondazione, nasce Bullipedia, un centro informativo situato in elBullitaller, calle Portaferrissa a Barcellona, con l’obiettivo di ricatalogare la storia di elBulli. E nascerà un museo interattivo a El Roses per contenere documenti storici sul ristorante che, dice Adrià, «alle aste di tutto il mondo sarebbero venduti a migliaia di euro». Nel 2014 sarà pronta la produzione di Hollywood basata sul libro di Lisa Abend The Sorcerer’s, «L’apprendista stregone», in contemporanea con l’apertura di un’altra mostra a New York su elBulli, creatività, cucina e Giappone.

Ma la forza di Adrià sta nel mescolare le carte sempre. Apparire a «Documenta», uno dei luoghi sacri dell’arte contemporanea, come fece nel 2007, ma anche in una puntata dei Simpsons.

E così, mentre ci si spacca letteralmente la testa cercando di capire come abbia potuto in poco tempo creare una sovrastruttura di pensiero tanto complessa intorno a ingredienti millenari, lo chef sbuca commosso da un megascreen su cui scorre a loop l’ultima notte del suo ristorante. Celebra alla buona, il guru, insieme alla sua truppa di cuochi stellati, l’addio alle cucine, con canti e abbracci che sarebbero tanto piaciuti anche alla Sora Lella.

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