Controcultura

L'attore che volle farsi re (del grande cinema popolare)

Partito dai sobborghi, diventò un'icona (e un machio alfa). Sir, spia e "intoccabile", lavorò d Hitchcock e Spielberg.

L'attore che volle farsi re (del grande cinema popolare)

Maschi alfa così, non ne nascono più: lo spirito del tempo non li vuole, perché non sono liquidi, ma tutti d'un pezzo. È stato il primo a dire: «Il mio nome è Bond. James Bond» con la giusta misura di virile eleganza, licenza d'uccidere compresa. Soltanto lui poteva ordinare un Martini «shakerato, non mescolato», senza perdere l'allure da dongiovanni di mondo. E poi guidava l'Aston Martin DB5, altro che monopattino urbano da decrescita infelice. E tirava giù la chiusura lampo di meravigliosi abiti da sera femminili con mano delicata e sicura, un secondo prima che qualunque attrice seducente gli si concedesse, sospirando. «Oh, James!». Perché lui era Sean Connery, la sola e unica spia di Sua Maestà, lo 007 perfetto. Perché ha spalle larghe, voce roca, occhi scuri penetranti, non si depila.
Adesso che il divo scozzese, malato di Alzheimer, è morto nel sonno a Nassau (Bahamas), a 90 anni, il suo irresistibile carisma scompare insieme alla sua carica sensuale: a 59 anni, Connery era stato eletto il più sexy del pianeta e, certo, aveva giovato il ruolo di 007, interpretato in sette film iconici. A chi gli chiedeva cosa provasse, dopo tale riconoscimento, rispondeva: «Non saprei. Mai stato a letto con un uomo di sessant'anni, calvo». Sì, perché a vent'anni Connery aveva cominciato a perdere i capelli.
Prima di sorseggiare Vodka-Martini nei bar più lussuosi del mondo, Sean Connery aveva cercato di elevarsi. Di sfuggire alla condizione in cui era nato a Fountainbridge, sobborgo di Edimburgo, il 25 agosto 1930, in seno a una famiglia operaia: papà in una fabbrica di caucciù e mamma a casa. «Nato nella povertà più abietta, il suo unico sogno fu quello di scappare. Fu la povertà a metterlo in fuga», sottolinea Michael Feeney Callan, uno dei suoi biografi.
Che poteva farsene della scuola, Sean, che a 16 anni dà un calcio ai libri e s'arruola in Marina? Ci voleva un'ulcera per riportarlo alla vita civile e ai lavoretti sottopagati: lucidatore di bare, aiuto idraulico, commesso, lavapiatti. «Sono sempre puntuale. Se ritardo, è perché sono morto», diceva l'attore in Entrapment, dov'era un burbero ladro esperto. E l'amore per la puntualità, suo tratto distintivo da Sir, prima che la Regina Elisabetta lo ordinasse tale, nel 2002, lo aiutò. Dall'alto del suo metro e 88, nel 1950 fece in tempo a iscriversi al concorso di Mister Universo: terzo classificato. Voleva piacere alle donne e perciò s'era iscritto a un corso di culturismo. Ma leggeva anche Shakespeare, Ibsen, Joyce, fino a che la BBC lo ingaggiò nel telefilm Requiem for Heavyweight. Nel 1962, la svolta, con un provino alla 20th Century Fox: si trattava d'interpretare un film di spionaggio e Connery sembrava adatto. «Prendetemi così come sono, o non se ne fa nulla», intimò ai produttori Albert Broccoli e Harry Saltzman e il ruolo di 007, in Agente 007. Licenza di uccidere divenne suo, per 16.000 dollari. E l'immagine di lui, in maglietta, sotto un mango, ai Caraibi, a spiare Ursula Andress che emerge dal mare fa ancora il giro del mondo.
Oggi i ventenni ignorano la Guerra Fredda e il ruolo di Connery/Bond all'interno di complessi equilibri geopolitici, ma Dalla Russia con amore, Missione Goldfinger, Thunderball e Si vive solo due volte, film di grande successo dove l'agente segreto 007 combatteva il comunismo con lo charme del suo interprete, valgono più d'una lezione di storia.
Chiaro che il mito di 007, a un certo punto, cominciò a stargli stretto. Soprattutto perché Sean Connery e James Bond sembravano una persona sola. E invece lui voleva altro. Lavorare per Alfred Hitchcock, per esempio, in Marnie, ove dimostrò la propria versatilità. La vera notorietà arriva nel 1964, con Goldfinger. Ma dopo Si vive solo due volte, del '67, il rigetto. Rientrato a suon di dollari per Una cascata di diamanti. Altro smoking e ingaggio donato allo Scottish International Educational Trust, fondo per giovani bisognosi. «Ci sono tre cose importanti, per me: l'educazione, la cultura e la Scozia», diceva quest'uomo un po' manesco, che alzava le mani sulla prima moglie Diane Cilento.
Nel 1947, la tentazione della fantascienza con Zardoz, poi Assassinio sull'Orient Express e un duetto con Michael Caine in L'uomo che volle farsi re. Fine di 007? Mai dire mai, a quarant'anni. E in piena maturità, Il nome della rosa e, finalmente l'Oscar, nel 1986, con il poliziotto irlandese della Chicago proibizionista de Gli intoccabili. Impossibile citare tutti i film interpretati negli ultimi tempi da Caccia a ottobre rosso a Indiana Jones e l'ultima crociata diSpielberg da Connery, che lascia la moglie Micheline Roquebrune. «Io non parlavo francese. Lei non parlava inglese. Non si rischiava una conversazione noiosa».

Che uomo.

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