L'audace colpo della Cia: quando le spie Usa rubarono una sonda sovietica

L'operazione per rubare i segreti del programma Luna è una delle storie più straordinarie dell'era dello spionaggio della Guerra Fredda

L'audace colpo della Cia: quando le spie Usa rubarono una sonda sovietica

Alla fine degli Anni Cinquanta del secolo scorso, l'Unione Sovietica appariva come la vera superpotenza nella corsa allo spazio. Washington sapeva che a Mosca facevano sul serio. Il presidente Eisenhower riceveva continuamente rapporti della Cia in cui si segnalavano i progressi dei comunisti nella corsa allo spazio. Un timore fondato: l'Urss aveva intrapreso da anni un programma di sviluppo tecnologico che faceva tremare i palazzi americani, tanto che ormai negli Stati Uniti era di moda parlare di "Missile gap", quella sensazione di divario crescente che metteva in serio pericolo le certezze dell'Occidente.

La leggenda negli archivi della Cia

Tra gli archivi della Cia - ovviamente nella parte descretata nel corso di questi ultimi anni - c'è una serie di rapporti che parla proprio di questa guerra tecnologica. Sabotaggi, missioni "impossibili" degne di film, rapporto inviati a Washington per i presidenti. Ma c'è una storia, in particolare, che sembra davvero uscire da una pellicola di 007: il "rapimento" di una sonda del programma Lunik.

Non possiamo sapere né la data né il luogo. È una storia avvolta nella leggenda, tanto che molti non credevano neppure nella sua esistenza. Sappiamo solo che in un giorno imprecisato tra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60 in un luogo altrettanto imprecisato del mondo, un gruppo di spie americane fecero quello che nessuno era mai stato in grado di realizzare: rubare i segreti del programma spaziale del Cremlino.

L'articolo pubblicato dalla rivista di studi della Cia nel 1967 parla di un evento avvenuto "qualche anno fa", quindi è probabile che fossimo nella fase più importante del programma lunare di Mosca. Ma sul luogo c' ancora più incertezza: a quell'epoca, l'Urss inviò in giro per il mondo un modello del Luna (il vettore per il satellite della Terra) per mostrare i traguardi raggiungi dalla tecnologia sovietica, e c'è chi giura che l'episodio sia avvenuto addirittura in Messico.

La questione di orgoglio

Le spie americane avevano subito messo gli occhi su quel Luna che girava in un vero e proprio tour mondiale per mostrare le mirabolanti imprese dei sovietici. All'inizio nessuno a Washington credeva che fosse una sonda vera, ma i primi cablogrammi inviati dalle città che venivano raggiunte dalla propaganda sovietica non lasciavano dubbi: quello era proprio il più grande problema del programma spaziale americano. E girava indisturbato per il mondo con una guardia di soldati di Mosca a fargli da scorta.

Per la Cia la questione era di primaria importanza. Non si trattava soltanto di una questione di paura e di progresso tecnologico ma anche di orgoglio. Nessuno poteva accettare che i sovietici fossero così avanti mentre l'Occidente guardava agli Stati Uniti come al grande faro della modernità. Così quel Luna, schiaffo di propaganda e di orgoglio, diventò immediatamente l'obiettivo. Andava capito cosa fosse, cosa ci fosse dentro e soprattutto farlo sotto il naso dell'Urss in una missione pressoché impossibile, carpendo ogni singolo segreto.

L'operazione non era semplice. Come rubare i segreti a una sonda protetta 24 ore su 24 dalle guardie di Mosca? Le indagini durarono giorni finché dal luogo imprecisato arrivò una notizia: per spostarsi da una città all'altra il percorso della sonda prevedeva un passaggio in un camion e l'arrivo nella più vicina stazione ferroviaria. Impossibile intrufolarsi in treno, ma forse sarebbe stato più semplice farlo con l'autocarro. Il controllo sovietico prevedeva semplicemente che arrivasse il giusto numero di casse nella stazione: nessuno avrebbe controllato il contenuto, sicuro che le guardie che lo avevano preceduto avessero svolto il loro compito.

Dopo numerosi briefing tra agenti, ex agenti, capi della Cia e i migliori funzionari della sicurezza Usa, i file dell'intelligence Usa ci dicono che giunse l'ordine di dare il via all'operazione. L'America avrebbe dirottato il camion con la sonda e rubato i segreti dell'Unione Sovietica.

Inizia l'operazione

Gli agenti in borghese iniziarono a seguire la cassa contente il satellite. Le spie si guardarono intorno ma non sembrava esserci alcun servizio di guardia in più del solito. Forse proprio per non destare sospetti, i sovietici mandavano in giro quel gioiello della tecnologia in un'anonima cassa di legno con qualche simbolo disegnato sul bordo. Il camion si avvicinava lentamente alla stazione ferroviaria quando le spie americane entrarono in azione. L'autista venne fermato e condotto all'albergo più vicino. E c'è chi dice con le buone (qualcuno parla di alcol e prostitute e fiumi di dollari), altri dicono decisamente con le cattive. Quello che è certo è che in pochi secondi un agente della Cia era a bordo del camion e poteva guidare il veicolo lontano dalla rotta prestabilita: in un vecchio cantiere circondato da un muro abbastanza alto da tenere lontani gli occhi indiscreti del Kgb.

Per qualche minuto interminabile, gli agenti statunitensi aspettarono di vedere arrivare qualche sovietico: ma apparentemente nessuno si era accorto del ritardo del Lunik. Il camion contenente la navicella era l'ultimo ad aver lasciato la mostra. Ma era possibile che molti del servizio russo non lo sapessero.

Foto, sigilli e fuga

Gli 007 americani iniziarono ad aggirarsi intorno alla cassa. La missione era estremamente difficile. Non si trattava solo di smontare l'involucro di legno fotografare e richiuderlo. In pochi minuti gli agenti della Cia avrebbero dovuto aprire la cassa, fotografare la sonda, smontarla, fotografare tutte le apparecchiature e rimontare tutto come se nulla fosse. Fu una notte lunghissima. I lavori sulla cassa iniziarono intorno alle sette di sera e si conclusero alle 5 del mattino. Un agente, con la torcia, illuminava la sonda mentre altri fotografavano a più non posso sperando che le immagini fossero abbastanza nitide. Non c'era alternativa: la missione era unica, non ci sarebbero state altre occasioni per osservare così da vicino il Lunik.

Le spie fotografarono tutto, dai bulloni al serbatoio a ogni pezzo dell'area del motore (che però non era presente all'interno della cassa). Furono addirittura richieste le sapienti mani di un agente Cia sul luogo per riprodurre sul momento un simbolo sovietico su un sigillo di plastica che si era rotto per aprire un vano. Niente doveva far credere che quella cassa fosse stata aperta da agenti nemici. Poi, a notte fonda prima delle luci dell'alba, gli agenti ripresero il vecchio autista, probabilmente carico di alcol o di soldi, e lo rimisero al loro posto. In pochi minuti, tolsero il grosso telo dalla cassa, fecero ripartire lentamente il camion, lo rimisero sul tracciato originale. E l'autista portò la sonda Luna a destinazione senza che i sovietici si accorgessero di nulla. Almeno fino a quel momento. Probabilmente dopo qualche minuto Mosca già avrebbe saputo dell'agguato notturno, ma era impossibile avvertire qualcuno per agire in tempo. O forse l'apparato di sicurezza locale era decisamente inadeguato e il Cremlino aveva paura che accadesse l'irreparabile.

Sta di fatto che l'Urss si risvegliò con un grosso segreto rubato, mentre gli Stati Uniti con un dei migliori trofei di caccia della storia del suo spionaggio. Da quel momento la corsa allo spazio sarebbe cambiata totalmente.

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