Molti critici, scrittori e lettori ieri hanno ironizzato sulla candidatura al Premio Strega de Il candore delle cornacchie (Guerini), il libro dell'ex politico Totò Cuffaro, incarcerato dopo la condanna a sette anni per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e rivelazione del segreto istruttorio. Twitter e gli altri social network sono stati invasi da messaggi contro la Fondazione Bellonci, che in realtà ha fatto il suo dovere: ammettere un volume presentato in conformità alle regole, valide anche per i galeotti, nonostante il parere opposto dei perbenisti.
A nostro avviso, chi si è indignato per lesa letteratura dimentica o sottavaluta alcuni fatti. Primo. Si giudica il libro e non l'autore. Se Il candore delle cornacchie sarà ritenuto valido, continuerà la sua corsa, entrando nella rosa ristretta dei dodici titoli ufficialmente in gara. Altrimenti, amen. Secondo. Il giudizio sui libri e il moralismo non vanno d'accordo. A meno di non volere condannare all'oblio, oltre a Il candore delle cornacchie, anche fior di capolavori vergati da autori «indegni» per un motivo o per un altro. Terzo. Meno snobismo, per favore. Non facciamo finta che allo Strega venga presentata sempre e comunque la crema della letteratura italiana. Nel corso degli anni, il Premio ha incoronato molti libri che hanno resistito alla prova del tempo, imponendosi non solo sul mercato. Ma non è un mistero che talvolta gli editori presentino titoli deludenti (anche di grandi nomi) per rilanciarne le vendite senza tenere in alcun conto la qualità della proposta.
Per quanto Il candore delle cornacchie possa essere brutto, non sarà comunque molto più brutto di romanzi mediocri che in passato sono arrivati in finale e in qualche caso l'hanno pure vinta. O erano capolavori, tanto per fare nomi recenti, Stabat mater di Tiziano Scarpa, Il bambino che sognava la fine del mondo di Antonio Scurati, Qualcosa di scritto di Emanuele Trevi, Il silenzio dell'onda di Gianrico Carofiglio? Come giudicare poi le zuffe a colpi di insulti e di carte bollate che hanno coinvolto proprio alcuni degli scrittori appena ricordati? Scarpa e Scurati se ne dissero di tutti i colori. Carofiglio querelò Ostuni, editor di Ponte alle Grazie, vicino a Trevi. Il moralista potrebbe giudicare queste tragicomiche baruffe «indegne» di un Premio letterario.
Anche se Il candore delle cornacchie risultasse, a giudizio del Comitato del Premio, un volume scritto coi piedi, cosa possibilissima, rischia comunque di essere molto più interessante di titoli «presentabili». Meglio i turbamenti del giovane Scurati o le storie di chi vive in celle disumane raccontate da Cuffaro? Meglio le paturnie dell'orfana violinista di Scarpa o la disperazione di chi sconta la pena con rimorso? È più intrigante il culto di Pasolini di Trevi o la redenzione attraverso il dolore e la fede di un delinquente? Punti di vista, a ciascuno il suo.
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