Il libro di Pariser Critica liberale a Internet Il web? È diventato il regno del conformismo

I mmagina un mondo cristallino, privo di spigoli e di dubbi. Immagina un mondo in cui hai sempre ragione, perché la tua tesi è l'unica circolante. Questo mondo c'è già, è il web di nuova generazione, dominato dai colossi della nostra quotidianità, Google, Facebook, Apple... Così sostiene Eli Pariser ne Il filtro. Quello che internet ci nasconde (il Saggiatore,pagg. 235, euro 18). E non da nostalgico anti-internettiano: Pariser ha lavorato per la campagna virtuale di Barack Obama del 2008, con annessa la retorica sulle magnifiche sorti e progressive della democrazia 2.0.
Deve essere accaduto qualcosa di sconvolgente, nel frattempo. L'impensabile si chiama «personalizzazione». S'annuncia il 4 dicembre 2009, con un innocuo post sul blog ufficiale di Google. Che assicurava da quel giorno «ricerche personalizzate per tutti» da parte del motore di ricerca con cui organizziamo la conoscenza. Quasi tre anni dopo, «Google usa 57 indicatori - dal luogo in cui siamo al browser che stiamo usando, fino al tipo di ricerche che abbiamo fatto in precedenza - per cercare di capire chi siamo e che genere di siti ci piacerebbe visitare». Ormai, esistono tanti web quanti utenti, ognuno ritagliato sulla «bolla di filtri» confezionata per il soggetto. Con qualche lieve corollario. Anzitutto, «nella bolla siamo soli», monadi illuse della propria autosufficienza. Poi, «la bolla è invisibile», gioca una partita truccata, perché non dichiara la propria parzialità. Infine, e nel cosmo liberale qualcosa conterà ancora, «non scegliamo noi di entrare nella bolla». Del resto, Larry Page, cofondatore di Google, lo scandì chiaramente: «Vogliamo creare un motore di ricerca perfetto, in grado di capire tutto». Ma Mark Zuckerberg non è stato da meno, con l'idea di Facebook Everywhere, la possibilità di cliccare il pulsante «Mi piace» su qualsiasi elemento del web: «Nelle prime ventiquattrore dall'uscita del nuovo servizio, partirono un miliardo di Mi piace, e tutti i dati rifluirono verso i server di Facebook». La chiave per stanare informazioni sul web e la piattaforma delle relazioni sociali online che ti rimbalzano continuamente quello che vuoi, perché lo conoscono da sempre. È il funerale del «principio di falsificazione» come lo pensava Karl Popper, della possibilità della smentita, del «valore erratico» che contraddice la mia conoscenza e quindi la espande, unica parvenza di metodo scientifico, ma soprattutto architrave della convivenza liberale. Non è un caso che Google abbia aumentato la sua incisività sul mercato cinese. Prima, l'ossessione della Cina era la censura, da cui la decisione di Google di eliminare i risultati sgraditi, come «piazza Tienanmen». Ora, semplicemente è impensabile che il buon utente cinese digiti «piazza Tienamen», perciò la voce precipita nello scantinato del web. Come ha detto Kai-Fu Lee, uomo di punta di Google in Cina, «va tutto bene purché io possa visitare i miei siti preferiti, vedere i miei amici e vivere felice». Nessun errore, nessuna critica. È molto meglio di qualunque censura, è rimodellamento del pensiero.


Pariser scova l'unica arma contro questo neo-totalitarismo digitale nella certificazione dei nostri dati personali come «proprietà privata da difendere». Forse, la battaglia contro la «bolla» del web è la vera battaglia liberale del 2012.

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