Quando Jennifer Egan vinse il Premio Pulitzer con Il tempo è un bastardo (Minimum Fax) non ci fu persona che storse il naso. D'altronde la scrittrice americana era riuscita mirabilmente nell'ambizioso progetto di concentrare nella cornice di un solo e agile romanzo le più sfiziose sfumature postmoderne a fianco di un tradizionale assemblaggio di personaggi, con un linguaggio che pescava dall'espressionismo più solido e dai nuovi media (vedi l'indimenticabile dialogo via sms e le presentazioni in power point). Ecco perché quando è stato annunciata la pubblicazione a puntate su Twitter della sua nuova fatica narrativa nessuno si è stupito. Solo una persona così curiosa dei nuovi mezzi di comunicazione, ma con alle spalle una solida cultura letteraria, poteva accettare una simile sfida.
Il racconto (una quindicina di pagine) uscirà a novembre (ma solo nel formato e-book) per i tipi di Minimum Fax. Nel frattempo l'editore romano ha mandato in rete ogni sera un «cinguettio» di 140 caratteri nella traduzione di Matteo Colombo. Il testo si intitola Scatola nera. Ed è già uscito attraverso il profilo che il New Yorker ha su Twitter. Per far passare il suo progetto la Egan si è guardata bene dallo spiegare esattamente le sue intenzioni. In primo luogo si è assicurata che nella stanza dei bottoni del New Yorker la storia di Black box piacesse (si tratta di una spy story al femminile). Poi ha rilanciato: «Perché non lo pubblichiamo a puntate su Twitter?». D'altronde la Egan (all'attivo quattro romanzi oltre a Il tempo è un bastardo) era da tempo attratta dal mezzo digitale. E pensa che proprio una spy story o comunque un noir possa essere il genere più adatto a questo medium. «Twitter - ha spiegato la scrittrice americana nel corso di una recente intervista -, per la sua doppia valenza pubblica e privata, mi è sembrato molto vicino all'idea dello spionaggio. C'è qualcosa di intimamente ambiguo nel linguaggio di Twitter. Una voce narrativa che si esprime attraverso i tweet, conterrebbe naturalmente questa ambiguità pubblico/privato». Il linguaggio narrativo ne esce comunque destrutturato. Proprio come accade già nel mondo virtuale dei social network e degli sms. Il nostro tempo - ha ricordato più volte la scrittrice Premio Pulitzer - è caratterizzato dal collasso della comunicazione scritta. Invece di affaticarsi ad alzare sacchetti di sabbia a difesa della tradizionale idea di cultura scritta, la Egan è voluta entrare direttamente nella bocca del lupo. Un racconto su Twitter, ha pensato, è l'ideale per sperimentare e saggiare la capacità di sintesi.
Il racconto doveva essere lungo al massimo ottomila parole. Ed è comunque impresa ardua chiudere ogni puntata entro i 140 caratteri. Il risultato finale è sorprendente. E al New Yorker ne sono stati entusiasti. Sul profilo della rivista il racconto è uscito dal 24 maggio al 2 giugno. Ogni giorno dalle 20 alle 21 con un tweet al minuto per un totale di seicento tweet e 84mila battute.
«Una luna molto luminosa - spiega a un certo punto la narratrice di Black box - può sempre sorprendere, per quante volte tu l'abbia vista». Proprio come gli esperimenti della stessa Egan che, smaglianti della loro novità, non stancano mai.
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