L'uomo che passeggiò sul sogno

La frase che ha reso Neil Armstrong immortale è quella che ha pronunciato nel momento in cui, scesa la scaletta del modulo lunare, si è messo in collegamento con la centrale della Nasa a Houston: "Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l'umanità". Era il 20 luglio del 1969

L'uomo che passeggiò sul sogno

L a frase che ha reso Neil Armstrong immortale è quella che ha pronunciato nel momento in cui, scesa la scaletta del modulo lunare, si è messo in collegamento con la centrale della Nasa a Houston: «Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l'umanità». Era il 20 luglio del 1969. Quelle parole rappresentavano, nella loro apparente modestia, un ritratto perfetto del personaggio: Neil Armstrong, ufficiale dell'aeronautica americana, aveva lavorato per anni al fine di prepararsi a quella missione, ma aveva sempre evitato di mettersi in mostra e di rubare la ribalta ai tanti personaggi che avevano contribuito alla missione di Apollo 11. Era un tipico esponente della middle-America, un uomo cresciuto nella cultura della bandiera e dell'onore, che non aveva esitato un momento ad accettare un incarico per cui, secondo i corvi di turno, c'erano almeno cinquanta probabilità su cento di non tornare vivi. Prima della missione Neil Armstrong era stato presentato una sola volta ai giornalisti e ci aveva dato l'impressione di un individuo capace di affrontare qualsiasi situazione e di dominare in pieno il suo sistema nervoso. Parlava poco, con un accento tipico dell'Ohio, e scandendo le parole per essere sicuro di venire ben compreso.

Durante la missione, di cui era il comandante, ha sempre mantenuto, nelle comunicazioni con la terra, una calma ed una freddezza che ci lasciava stupefatti. Non ha compiuto il minimo errore, né durante la complessa manovra di allunaggio, considerata la parte più pericolosa di tutta la missione, né tanto meno al momento di lasciare la superficie lunare, altro passaggio delicatissimo su cui i tecnici avevano seri dubbi. Dopo il recupero della capsula che aveva riportato lui ed i suoi colleghi Aldrin e Collins sulla Terra, è rientrato ad Houston come se fosse tornato da una vacanza. Tuttavia, compiuta la grande impresa che ha permesso all'America di Richard Nixon di superare di un balzo l'Unione Sovietica nella corsa allo spazio, non ha più voluto intraprendere altre missioni. Un anno più tardi, ha lasciato la Nasa ed è diventato professore di Ingegneria Aeronautica all'Università di Cincinnati, dove ha vissuto per il resto della sua vita.

È in un certo senso simbolico che Neil Armstrong sia scomparso a poche settimane dallo sbarco della sonda Curiosity sulla superficie di Marte, impresa che all'epoca della sua impresa sarebbe stata addirittura inimmaginabile. Allora, Armstrong ed Aldrin lasciarono sul suolo lunare una targa con le tre firme dell'equipaggio e quella dell'allora presidente Nixon (anche se sarebbe stato forse più giusto menzionare anche John Kennedy, che, sette anni prima, aveva dato il «la» alla conquista del nostro satellite. La targa diceva: «Qui nel luglio 1969 misero per la prima volta piede sulla Luna uomini venuti dal pianeta Terra, siamo venuti in pace per l'intera umanità». Il mondo intero si commosse per l'evento, scavalcando anche le barriere ideologiche. Chi ha l'età sufficiente, ricorderà senz'altro le immagini più salienti trasmesse sulla Terra e poi distribuite al mondo intero. Due settimane fa, invece, nessun messaggio così solenne ha contrassegnato il primo passo per la conquista di Marte.

Ci ricorderemo per sempre di Neil Armstrong, nessuno ricorda già più chi ha disegnato il veicolo che esplorerà il Pianeta Rosso. Con Neil scompare, nella discrezione che lo ha sempre caratterizzato, uno dei personaggi più importanti del XX secolo, a suo modo un eroe della grande epopea americana quale non vedremo forse più.

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