Medina Reyes e il realismo senza magia

Lo scrittore colombiano attacca mostri sacri come García Márquez e la Allende. E si inventa uno stile tutto nuovo

Medina Reyes e il realismo senza magia

Mai potuto sopportare la letteratura latinoamericana. Mai sopportato le saghe familiari impastate di romanticismo campagnolo pieni di matrimoni e sorelle e madri defunte da commemorare di Isabel Allende, e amori sdilinquiti e lagnosi sempre all'ombra di un colpo di Stato. Né i Cent'anni di solitudine di García Márquez, per me cento anni di noia, e perfino José Donoso, autore di un bel romanzo come L'osceno uccello della notte che piace tanto a Moresco, per me è troppo cileno.
I migliori sono Julio Cortázar, ma perché dall'Argentina si è schiodato subito andando in Francia per entrare nel giro sperimentale dell'Oulipo, e ovviamente Borges, per le stesse ragioni, sebbene da noi sia stato rovinato dall'import-export di Italo Calvino, il Borges borghese che ha ridotto la letteratura a bricolage favolistico. Infatti lo stesso Calvino è nato a Cuba, pur avendo fatto diversi danni in Italia, e comunque meno moralista di Pasolini, il quale se fosse nato in Argentina o in Cile avrebbe scritto gli stessi libri, al posto del Friuli e di Roma basta sostituire Santiago e al posto del Riccetto piazzarci un El Chico Rizado, suona pure più turgido, poi un pratone della Casilina sullo sfondo delle multinazionali cattive ci sarà pure lì. Perfino il grande Aldo Busi ci si sta avvicinando, El Especialista de Barcelona può benissimo trasferirsi a Buenos Aires, infatti l'ha dedicato a Ingroia, magistrato del Guatemala.
Ovviamente si salva Roberto Bolaño, non a caso rivalutato dopo morto e di cui escono ogni sei mesi nuovi romanzi inediti credo scritti direttamente dall'Adelphi, e tra i nuovi scrittori Efraim Medina Reyes. Mi è rimasto subito simpatico perché Reyes ce l'ha a morte con Márquez e la Allende e quella lagna del realismo magico: «lo stile che ha incantato il mondo è una formula usurata per lettori nostalgici, di cui approfittano venditori di fumo come Isabel Allende». Autore di C'era una volta l'amore ma ho dovuto ammazzarlo e di Tecniche di masturbazione tra Batman e Robin, in questi giorni Feltrinelli pubblica il suo nuovo romanzo, intitolato Quello che ancora non sai del Pesce Ghiaccio (Feltrinelli, pagg. 245, euro 18). Che è storia di Teo, affetto da una rara forma di lupus che lo costringe a stare chiuso in casa, anche se poi in casa non ci starà e ogni passeggiata notturna sarà un'avventura di incontri strampalati e brillanti riflessioni antropologiche, in un mondo dove «la vita è una malattia a trasmissione sessuale» e «nulla che si muova è innocente».
Quindi si parla della morte e della vita, con comicità tessuta sul reale molto surreale e malinconia senza lacrime, per scampare a un'esistenza «triste quanto una partita tra vecchie glorie del calcio o una domenica in famiglia. Che è ancora più triste se tra i membri della tua famiglia c'è una vecchia gloria del calcio che non è stata invitata alla partita». Ci sono trafficanti di cocaina (non colombiani ma napoletani, ci starebbe bene Saviano), polli a cui vengono tagliate le zampe e ingrassati artificialmente fino a diventare grandi come mucche, una mamma abbandonata sei volte dal padre con cui dividere la casa e i pensieri, e il pesce ghiaccio, metafora di una vita immersa in un oblìo inconsapevole. Teo fra l'altro ha scritto una commedia esilarante, si intitola Ciccioli, la storia d'amore tra un olandese psicopatico e due sacchi di grasso di cinquanta chili uno. D'altra parte «la misura dell'amore non è il tempo che abbiamo passato insieme, ma il tempo che ci mettiamo a dimenticarlo», come è vero che «tutti credono di amare, e in questo sta la magnificenza dell'ignoranza suprema».
E poi aforismi sui massimi e minimi sistemi a non finire, e molto sesso con vagine simili a bistecche e clitoridi leccati «cercando l'incoscienza», cosa che credo possibile quando i cunnilingus sono senza capo né coda e non si trova la fine, quindi succede anche in Colombia.

Tuttavia la narrazione della carnalità è anche il limite di Reyes, un vitalismo mistico alla fine più “Harmony magico” di quanto vorrebbe essere l'autore, quella visione poetica e caliente dell'erotismo per me ammosciante, e forse per questo alle donne piacciono i sudamericani, dove lo trovi uno che ti dice «Immagino il tuo sesso come il suono di un insetto nella notte invisibile», da portarsi dietro il DDT. Meglio comunque di Marquéz, peccato non sia nato a New York.

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