Donne straordinarie

La donna che sfidò la Manica (e gli stereotipi)

Una bracciata dopo l'altra, Mercedes Gleitze ha infranto ogni record nel nuoto. Dimostrando - quasi un secolo fa - come le donne non fossere fatte per "starsene buone a casa".

Mercedes Gleitze, la donna che sfidò la Manica (e gli stereotipi)

Il nuoto in mare è una cosa bella, anzi è un’arte", un'arte in cui l’atleta si esercita a “padroneggiare l'elemento più abbondante e più potente della terra: l’acqua”, scriveva dei suoi diari Mercedes Gleitze, campionessa di nuoto e recordman - anche se sarebbe meglio scrivere recordwoman. Nata il 18 di novembre del 1900 a Brighton, Inghilterra, è forse la nuotatrice più famosa del mondo: non soltanto per essere stata il primo essere umano ad attraversare a nuoto lo Stretto di Gibilterra nel 1928 o per essere stata la prima donna ad attraversare a nuoto il canale della Manica nel 1927. Ma per essersi resa tra le prime celebrità sportive di fama internazionale del gentilsesso. Infrangendo, una bracciata dopo l’altra, lo stereotipo della brava donna di “casa”. Quando nuotava, pare si abbandonasse completamente. Nei pomeriggi tiepidi di Londra, trascorsi ad allenarsi su e giù lungo il Tamigi. Come nelle mattine nebbiose che la vedevano calcare la sabbia prima di una competizione. Mattine che l’avrebbero vista infrangere l’ennesimo record.

Era una sirena dal passo pensante e dal sorriso spontaneo, con occhi chiari e sottili, e capelli cresposi di salsedine. Basta guardare una delle tante foto che finirono sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo, per sentirsi travolti dal pathos che deve aver accompagnato quel primo tuffato nel mare a Cap Gris-Nes, a Calais. E che l’ha seguita per l’intera traversata fino a Dover, dall’altra parte del Canale, in Inghilterra. Quindici ore e una dozzina di minuti dopo, gli spettatori che erano accorsi sulle scogliere e sulla battigia, scorsero una donna barcollare trionfante a riva; con la sua cuffia stretta alla testa e il costume intero. Era Mercedes, la dattilografa che era cresciuta nelle valli della Baviera con i nonni paterni, dove mare non ce n'era, che si assicurava un posto nella Storia.

Il nuoto aveva iniziato a praticarlo nel tempo libero. Quando finiva di scrivere a macchina per guadagnarsi da vivere a Londra. Via i tacchi bassi, la camicetta, la gonna lunga che conteneva le gambe possenti. E giù nel fiume. Una bracciata dopo l’altra aveva solcato tutto il Tamigi. Fino a raggiungere il suo primo record significativo: nuotare per 10 ore e 45 minuti consecutive nel 1923. Da lì in poi, la preparazione atletica sempre più intensa e rigorosa, per conquistare traguardi che avevano visto le altre fallire. Prima la Manica, poi la fama mondiale di “primo essere umano” che raggiunge a nuoto l’Africa dall’Europa. Attraversando, una bracciata dopo l’altra, le acque pericolose e stracolme di natanti e nafta dello Stretto di Gibilterra. Le sfide successive? Nuotare lungo la coste dell’Ulster, nel nord dell’Irlanda, e poi ancora in Australia, in Nuova Zelanda e in Sud Africa per stabilire nuovi record di traversata e resistenza. Come la nuotata di 100 miglia intorno all'Isola di Man, o rendersi ancora una volta la prima persona a raggiungere a nuoto Robben Island, l’isola che appare all’orizzonte di Città del Capo, e ritorno.

In un momento storico in cui le celebrità sportive femminile si contavano sulle dita di una mano, Mercedes Gleitze, coniugata Carrey, si cimentò in 50 gare pionieristiche nel nuoto. Dimostrando una tenacia senza eguali, e viaggiando per tutto il mondo quando era idea diffusa che il posto di una donna fosse di fronte al focolare. Attirando folle di ammiratori e curiosi ovunque si tuffasse, e su qualunque spiaggia approdasse; quale generosa e atletica venere botticelliana.

Singolare testimonianza del suo anticonformismo il filmato di un cinegiornale in cui, a termine della cerimonia per le sue nozze nel 1930, annuncia che invece di partire per una romantica luna di miele, partirà per nuotare una nuova sfida nel “mare di Elle”: i Dardanelli. L’ultima sfida sarà quella di estendere il suo record di resistenza a 46 ore. Si ritirerà nel 1932.

Nel corso della sua decennale carriera da nuotatrice professionista, numerosi brand tennero a sponsorizzarla per essere associati ai suoi invidiabili traguardi. Più noto di tutte forse Rolex, casa di orologeria svizzera che nel 1927 le affidò un orologio con la nuova cassa ad “ostrica” che l’avrebbe accompagnata nella sua traversata. Ma ci furono anche marchi come il té Lipton’s e il whisky Paddy . Anche in su questo piano infatti, la Gleitze fu una pioniera. Una “antesignana” anzi. Ben nota per la sua generosità, si impegnò inoltre nella beneficienza fin dai primi successi conseguiti. Usando i premi in denaro per sostentare attività benefiche come la The Mercedes Gleitze Relief in Need Charity, ancora esistente.

Dopo il suo addio al nuoto, Mercedes divenne anche lei una “donna di casa”. Condusse una vita riservata e solitaria, allevando i suoi tre figli senza parlare mai dei suoi vecchi successi con la famiglia. È morta a Londra all'età di 80 anni, il 9 febbraio 1981. C’è un bella favola firmata da Boris Biancheri, forse propio a lei ispirata, dal titolo La Traversata. Racconta di una donna “poco portata alle cose terrestri” e “più adatta a quelle del cielo e del mare”, che accetta la sfida di un giornalista inglese attraversando a nuoto la Manica. Si chiamava Eileen, e pare che l’acqua fosse l’unico luogo dove si sentisse veramente a suo agio. Una volta Mercedes Gleitze, alla domanda “perché non avesse ancora preso marito?”, rispose che non sapeva cosa farsene di “un uomo che le costruiva una bella casa mentre lei desiderava solo l’acqua del mare”.

Forse l’animo di questedue donne favolose coincide nell’Iperuranio.

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