Non ci si vuole credere. Un'intera pagina del Corriere della Sera per celebrare ed esaltare un delitto: «La Pietà cambia casa, dal Castello Sforzesco ospitata a San Vittore». Il sottotitolo è doppiamente criminale: «L'idea del prestito: Diamola a chi soffre». Un prestito fuori dalle regole e senza alcuna reazione da parte del ministero competente. Tutto è insensato. Si parla di una delle opere più significative di Michelangelo, la Pietà Rondanini, in balìa di un assessore non si sa se più ignorante o delirante, e con un coro di asini consenzienti. I grandi capolavori debbono stare nella loro casa. Non si sposta il Davide di Michelangelo dal Museo dell'Accademia di Firenze. E ogni ipotesi di decentrarlo a Forte del Belvedere per agevolare il flusso turistico è stata affossata da una risata. Non si sposta la Pietà dalla Basilica di San Pietro. Come non si sposta la Madonna di Michelangelo a Bruges. Come non si sposta il polittico di Grünewald a Colmar. E l'ostinazione dei calabresi ha tenuto fermi, anche non esposti, in un luogo remoto e poco frequentato come il Museo di Reggio Calabria, i Bronzi di Riace.
La Pietà Rondanini sta perfettamente al Castello Sforzesco dal 1954, quando quattro bravissimi architetti, del gruppo «BBPPR» (Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers) la isolarono in un allestimento perfetto attraverso una nicchia di pietre serene intrecciate. Un modello riconosciuto di museografia, che io da assessore dovetti difendere, in accordo con la direttrice Maria Teresa Florio, dal minacciato smantellamento voluto da una delirante dirigente del Comune su progetto di Alvaro Siza. Incredibilmente oggi un modesto collega di quegli architetti, l'assessore Boeri, funzionario del Pd, capofila dell'insensata proposta, arriva a programmarne l'eliminazione o, che è lo stesso, il diverso uso. E tutte le sue affermazioni, con il piccolo coro di consensi, sono pateticamente insensate. Si apre con: «Ospitiamo una delle opere più straordinarie di Michelangelo, eppure non le abbiamo dato giusto valore per troppo tempo». Ovviamente la soluzione è incarcerarla a San Vittore per «ridare la giusta collocazione alla Pietà», in un luogo di sofferenza in larga misura popolato da extracomunitari del tutto indifferenti a Michelangelo e alla religione cristiana. E però, quante signore chic ci andranno, nella speranza di incrociare lo sguardo di Vallanzasca! Boeri ci spiega anche, ignorando gli studi sul grande scultore, che la Pietà Rondanini, fu «per decenni dimenticata dal mondo della cultura, tanto che fu acquistata per 135 milioni di lire nel 1952 dal Comune di Milano». Evidente segnale di disinteresse.
L'esigenza di trasferire la scultura a San Vittore è perfino etica. E in malora i raffinati «BBPPR»: «Non possiamo permetterci di lasciare la Pietà dietro una elegante quinta». In compenso per l'elegante quinta è pronta una soluzione, con il contributo di un pensionante del Boeri, pronto a obbedire e a trovare soluzioni: «Dove adesso c'è la Pietà potrebbero essere collocate le sculture del Bambaia, cui sarà dedicata una mostra curata dallo storico dell'arte Giovanni Agosti, che mi ha accompagnato in tutto il progetto». Due menti, emerse dalle rovine di Milano. Ma, benché assistito dal critico di fiducia, Boeri non riesce a evitare, ignorando la letteratura critica su Michelangelo, le presuntuose insensatezze, e proclama: «Ci stiamo anche chiedendo come avviare un percorso di reinterpretazione dell'opera». La quale non ne ha bisogno, per quanto parla nelle sue forme perfettamente non finite. E Dio ci salvi dagli annunci di «reinterpretazione»: «Riflettere sullo spazio vuoto lasciato nelle tecniche autoreferenziali della politica, nei meccanismi implacabili della finanza, nelle logiche muscolari delle diplomazie internazionali e perfino nei conflitti di religione. Capire cosa possa essere la Pietà oggi ci può aiutare a capire dove collocare temporaneamente la Pietà di Michelangelo in attesa della definitiva ubicazione».
Per la Pietà non c'è pace. Michelangelo si rivolta nella tomba. E il coro si allarga. Aderisce il gramo Giuseppe Guzzetti, presidente di Fondazione Cariplo, con un pensiero lucidissimo: «Dal momento che il castello è uno dei simboli di Milano, per questo sosteniamo il suo rilancio», e conseguentemente favorisce il progetto del trasferimento della Pietà Rondanini a San Vittore. Con i soldi si pensa di poter fare qualunque cosa, nell'indifferenza dell'unico organo competente che è il ministero, e che attraverso il suo inconsapevole ministro non si pronuncia, per non disturbare e non essere disturbato. Lorenzo Ornaghi si preoccupa, pietosamente, di sistemare i suoi beniamini nel consiglio di amministrazione della Scala. Della Pietà, che è sotto la sua diretta tutela, non gli importa nulla. Non è cosa sua e dei suoi cari. E, Guzzetti docet, i finanziamenti ci sono (circa 6 milioni sui 26 stanziati dalla Fondazione Cariplo). Sei milioni per incarcerare e umiliare il capolavoro, nella speranza che qualche vandalo lo martelli, come quarant'anni fa qualcuno fece con la Pietà in San Pietro. Sei milioni per trasferirla, quando ne occorsero 130mila per restaurarla, grazie alla sensibilità di Luigi Koelliker.
Ma oggi la città è dominata da menti ottenebrate. E nel coro non poteva mancare il sindaco Pisapia. Che sembra ignorare la perfetta collocazione che fu data in tempi migliori all'opera. E invece, come se fosse sotto un ponte e non nel principale monumento milanese, il Castello Sforzesco, in una sistemazione d'onore, grazie ai BBPPR: «La Pietà Rondanini avrà un luogo dedicato che permetterà a tutti di ammirare questa scultura per troppo tempo in ombra». La vedono «solo» 350mila visitatori l'anno. Ma ciò che ferisce è che il fatuo Boeri incassi anche l'approvazione di un uomo sensibile come Salvatore Settis, che inanella una serie di banalità: «L'idea di spostare la Pietà Rondanini... mi sembra molto buona... non c'è consapevolezza del grande gesto che la città - martoriata dalla guerra - fece acquistando la Pietà.... Il trasferimento temporaneo a San Vittore è una proposta affascinante e dal grande valore socio-culturale se sarà realizzata con sobrietà - anzi, austerità - e rispetto del luogo. Può diventare davvero un'occasione per partecipare al dolore dei detenuti. Una sfida dei nostri tempi». Con soli sei milioni di euro! Sobriamente. Anzi, austeramente.
Ma sorprendente è, questa volta su La Repubblica, il commento di Adriano Sofri: «Mi piace il trasloco dal Castello Sforzesco a una galera: una bella notizia». In fondo è così dialettico che chi voleva sprigionare la forma dalla pietra vede il risultato del suo sforzo imprigionato. Perché un castello o un museo? Meglio in carcere, dove può vederla lo scopino di San Vittore. E i carcerati saranno in buona compagnia. Naturalmente, tutti questi profondi pensatori sarebbero stati contrarissimi all'esposizione della Pietà Rondanini al Metropolitan, al Louvre, nei musei di Pechino e di Tokyo, luoghi pertinenti e con la contropartita di qualche milione di euro in cambio del prestito.
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