È nel segno dell'azzurro il ritorno a Milano di Vassily Kandinsky, il più celebre tra i pittori astratti delle prime avanguardie. Un colore che accompagna il visitatore nelle sale di Palazzo Reale, fin dall'Improvvisazione III del 1909, pressoché coevo all'esperienza del Cavaliere Azzurro, il sodalizio artistico con Franz Marc, e che culmina nel capolavoro tardivo Azzurro del cielo (1940) scelto come emblema della mostra. Questo quadro in particolare ci rivela una mente ormai pacificata, dopo spostamenti e traversie e nonostante l'incubo della guerra: Kandinsky vive gli ultimi anni a Neuillly-sur-Seine con Nina, la terza e giovane compagna che starà con lui fino alla fine, nel 1944. Un quadro allegro e felice, cui certo Mirò si era ispirato e che dimostra più di un legame con Paul Klee, suo antico sodale al Bauhaus di Gropius.
Tutte le opere esposte vengono dalla collezione del Centre Pompidou di Parigi, ma già in precedenza raccolte da Nina, a testimonianza di un sodalizio esclusivo nonostante una differenza anagrafica di oltre trent'anni. In particolare viene ripresentata al pubblico, per la seconda volta dopo il 1977 al Pompidou, la ricostruzione delle pitture parietali ideate da Kandinsky nel 1922 in cinque gouaches per decorare un salone ottagonale a Berlino, una scelta allestitiva per immergerci subito nel mondo complesso dell'autore capace insomma di pensare la pittura come ambiente, al di là del quadro.
Si interroga la curatrice Angela Lampe su quali fossero state le esperienze alla base di un così alto fervore creativo. Ne individua tre: l'arte popolare russa, in particolare le icone non sopravvissute alla devastazione del comunismo sovietico, che alimentarono la prima fase paesaggistica nei primi anni del '900; la fascinazione per la pittura francese moderna, e in particolare per i Covoni di Claude Monet che indicano la strada verso una figurazione seriale, ormai espunta dal soggetto; l'opera musicale tedesca, prima con Wagner poi con Schoenberg, che lo trasformarono in un pittore sinestetico secondo i dettami baudeleriani, ovvero la traduzione di quella capacità e quella sensibilità di «sentire» il colore come suono accostabile a determinati stati d'animo.
Ognuna di queste matrici, peraltro, si lega alla biografia di Kandinsky, pittore di tre patrie, al punto che è difficile attribuire la prevalenza di una sulle altre. Nato a Mosca nel 1866, allevato dalla zia dopo la separazione dei genitori, ricco di un background di studi complesso tra musica, economia e diritto, si stabilisce trentenne a Monaco nel 1908 rinunciando a buona parte degli agi e scegliendo una vita bohemiène alla ricerca di sempre nuove esperienze. È in Germania che decolla la sua carriera pittorica, cui alterna attività saggistiche e per il teatro. Dopo la fondazione del Blaue Reiter, nel 1913 espone Improvvisazione XXVII all'Armory Show di New York. Con la rivoluzione d'ottobre del 1917 tutti i beni di famiglia vengono confiscati e nonostante un'attività ufficiale di docente preferisce tornare in Germania per insegnare al Bauhaus, ottenendo nel 1928 la cittadinanza tedesca. Non si contano così gli incontri con buona parte dei protagonisti dell'avanguardia europea.
L'ultimo spostamento, quello definitivo, data 1933 da Berlino a Parigi. A questo punto è un autore di fama internazionale, punto di riferimento assoluto della ricerca astratta; nella capitale francese il suo ruolo di catalizzatore assume ancor più rilevanza, è nel dibattito sulle riviste, partecipa alle mostre più importanti e nel 1937 la Kunsthalle di Basilea gli dedica l'ultima retrospettiva in vita, proprio mentre il nazismo lo bolla come «artista degenerato» sequestrando le sue opere conservate nei musei tedeschi. E a Parigi resterà, diventando con la moglie cittadino francese nel 1939, nonostante le ripetute pressioni a trasferirsi in America, fino alla morte avvenuta a 78 anni d'età nel 1944.
In ottanta opere, tra quadri e disegni, la mostra milanese ripercorre i tratti salienti di un percorso fervido di immaginazione, contradditorio ma sempre fresco anche e soprattutto nel periodo più tardo quando l'artista sembra sentirsi molto libero di fare e sperimentare segni e gesti in continue sovrapposizioni cromatiche.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.