Nell'esperienza umana di Gesù c'è una sola donna: la madre. Questo si riflette nella quantità straordinaria di immagini che esaltano la maternità. E non soltanto quelle che risalgono all'episodio fondamentale della Natività, con le fantasiose variazioni del presepe: pastori, animali, Re Magi, cortei, angeli; ma anche nella essenziale rappresentazione della madre con il figlio, ovvero la Madonna con il Bambino. Soggetto dominante in tutti i grandi pittori, da Giotto a Raffaello, da Pietro Lorenzetti a Bellini, e poi in tutti i grandi autori di età barocca, da Caravaggio a Tiepolo.
L'interruzione delle avanguardie sarebbe stata probabilmente definitiva in tutto il secolo XX, se non ci avesse riportato a quella umana iconografia un maestro rigoroso ma non accademico, tradizionale ma non conservatore, come Ottavio Mazzonis, un pittore che ha studiato gli antichi, ed è diventato moderno continuandone l'opera. Il suo pensiero è chiaro: la grande pittura è finita con Tiepolo. Da lì bisogna partire. E per lui Tiepolo sarà lo spirito-guida, fino quasi alla identificazione.
La bella sequenza di immagini presentate alla mostra «Le donne del Vangelo», alla Sacra di San Michele, dall'Annunciazione al Presepe, dalla Fuga in Egitto ai misteri del Rosario presso la chiesa di San Lorenzo a Cento, ci mostra un artista che non teme le regole dell'iconografia cristiana, ma le reinterpreta liberamente e originalmente nella continuità di un percorso arbitrariamente interrotto. Era inevitabile? No. Mazzonis lo dimostra. Abbiamo accettato come un dogma la morte dell'arte, tutti i fenomeni distruttivi che hanno sostituito all'immagine dell'uomo oggetti privi d'anima, come se si potesse attribuire una dimensione spirituale a un orinatoio o a una scatoletta di merda; e, tutto intorno, linee, graffi, tagli, macchie di colore, le più lontane possibili dalle forme e dal volto di un uomo. Allo stato, l'esperienza di Mazzonis è sostanzialmente innovativa pur nel rispetto dell'iconografia tradizionale. È un percorso che continua e come un fiume arriva alla sua foce. Non c'è neppure animo polemico, in Mazzonis. C'è un'inevitabile continuità che ha la stessa energia e durata della fede.
L'altra figura femminile dei Vangeli è la Maddalena che, al di là delle diverse situazioni nelle quali è rappresentata donna seducente; travolta dall'amore per Gesù buttandosi ai suoi piedi nella cena a casa del fariseo; ancora inginocchiata ai piedi della croce; allontanata nel «Noli me tangere»; nel deserto per la penitenza finale , si trova a condividere con la Vergine l'episodio tragico della Passione. Sono entrambe presenti sotto la crocifissione. Vivono il dolore nel momento più terribile e glorioso della vita di Gesù. E in diverso modo si disperano, tra silenzio e grida. In quel momento sotto la croce sono presenti le persone che più hanno amato Cristo di un amore assoluto, esclusivo: la Madonna, la Maddalena e san Giovanni. Anche quest'ultimo, di indole femminile, per come se ne possono interpretare i rapporti con Gesù. Ciò che li unisce, davanti alla morte, è l'amore, un amore invincibile, assoluto.
È questo il momento in cui Mazzonis introduce la sua visione più originale, quella della Maddalena. Per lui, che ha affrontato anche il tema difficile dell'adultera, è semplicemente una donna, nella sua seduzione e nel suo fascino, nella sua vera e prossima condizione umana. Mentre per qualunque altro soggetto Mazzonis mostra ossequio e continuità con la tradizione iconografica, nella Maddalena fa prevalere la donna, procedendo a un'identificazione con la sua musa ispiratrice. Si tratta di una singolare pulsione psicoanalitica. Maddalena è in fondo l'unica donna dei Vangeli, donna nella sua carnalità non dissimulata, presenza gravida d'affetto ma lontanissima dalla madre, di cui rappresenta una radicale alternativa affettiva. Mazzonis allora non la storicizza, non la fa coincidere con la sua identità storica, ma la trasporta in un presente di sentimenti e di affetti esterni alla dimensione del sacro. Così, Maddalena coincide con Silvia. È la persona reale che egli ha davanti e alla quale indirizza il suo affetto. Ne vuole restituire l'identità di donna reale.
Ed ecco il passaggio, inavvertito e inevitabile, dal sacro al profano, nel rispetto della verità essenziale dei sentimenti e delle emozioni.
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