Alla fine il giallo è un prodotto che funziona sempre. Molto più di altre scritture non di genere e con velleità intellettualmente più chic. Se ne è accorta anche l'agente della scrittrice cilena Isabel Allende. Come ha spiegato la stessa autrice al giornale argentino Clarín, è stata infatti la sua agente Carmem Balcells a suggerirle di passare al noir. «Si è ricordata di colpo che mio marito, William C. Gordon, scrittore di romanzi gialli, ed io, possiamo scrivere a più mani». Certo quella dell'agente era una fascinazione da mercato editoriale e quella dell'Allende invece una conversione puramente culturale: «A me il genere non aveva mai attratto... fino a che non ho compreso la fascinazione che tanta gente ha per il lato oscuro dell'esistenza». Il processo di scrittura congiunta invece è finito subito: «Io e mio marito abbiamo capito subito che avremmo finito per litigare, lui dice che dò troppi ordini già nella vita normale... Io trovo che lui quando scrive abbia al massimo un'attenzione di alcuni minuti mentre io posso lavorare per ore». Ecco che allora, decretata la propria superiorità sul marito giallista, ha fatto da sola: «Ho assistito a una conferenza di scrittori gialli, ho parlato con poliziotti, detective, un medico forense, un chimico che mi ha spiegato i veleni, un esperto di armi... persino un serial killer».
E sin qui l'autrice del longseller La casa degli spiriti ha solo messo le mani avanti per spiegare che il suo Il gioco di Ripper (uscito da poco in Italia per Feltrinelli) ha le carte in regola. Poi però si è lasciata andare a giudizi comparativi un po' azzardati: ha dichiarato che per la sua prima incursione nel genere giallo ha dovuto spaziare per trovare ispirazioni originali perché «James Bond è trito e ritrito e gli eroi protagonisti sono noiosi». Insomma, la Allende è scrittrice di razza ma ridurre a questo Jan Fleming e il suo personaggio, è vera lesa maestà. Ingiustificata. Un editore «alto» come Adelphi, del resto, ha inserito i titoli di Fleming nel proprio (esclusivo) catalogo...
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