da Venezia
Prendi una dozzina di artisti, offri loro un atelier (che alloccorrenza possa trasformarsi in abitazione). Aggiungi, con parsimonia, qualche selezionato ospite (un critico, un curatore, un gallerista). Attendi un anno, poi torna a vedere che cosa è successo. È questa, più o meno, la ricetta delle residenze dartista della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia. Una ricetta antica, datata 1898, inventata da una donna di nome Felicita.
Felicita Bevilacqua, detta Titi, nasce bella, nobile, colta e ricca. Patriota e cosmopolita, è attiva durante i moti del 48, rischia la pelle pur di incontrare il generale siciliano Giuseppe La Masa, che diventerà il suo amato marito. Filantropa e appassionata darte (ma accorta col denaro), cerca in tutti i modi di riscattare il nome del casato, distrutto dalla pessima condotta dei fratelli, gran sperperatori. Ha fiuto, Felicita: quando, nel 1895, vede nascere la Biennale di Venezia capisce che larte contemporanea può essere un ottimo strumento di riscatto. Dona così nel 1898 Ca Pesaro, il palazzo di famiglia e oggi sede della Galleria Internazionale dArte Moderna, al comune di Venezia, con il proposito di trasformarlo in un luogo di lavoro, residenza e sperimentazione per i giovani artisti. Lidea di questa Peggy Guggenheim dell800 continua ancora oggi: allattività espositiva della Fondazione Bevilacqua La Masa (nelle Gallerie di Piazza San Marco sono passate le prime personali in Italia di Rebecca Horn, Marlene Dumas e Yoko Ono) si affiancano infatti le residenze dartista, tra i migliori progetti in Italia per i giovani talenti.
Le residenze sono a Palazzo Carminati, sul Canal Grande, e nel Chiostro dei SS Cosma e Damiano, nellisola della Giudecca. Attualmente ospitano dodici artisti italiani (età compresa tra i 18 e i 35 anni, tutti del Triveneto) e due stranieri, selezionati da una giuria guidata da Angela Vettese che presiede la Fondazione. Gli artisti lavorano negli atelier per un anno, a spese della Fondazione, che offre loro anche la possibilità di partecipare a premi e mostre. «Agli artisti fa bene stare insieme: evolvono se si confrontano con altri e, perché no?, se discutono davanti a un bicchiere di vino. La socialità è un aspetto fondamentale del progetto». La Fondazione organizza anche degli studio visit, incontri mirati con professionisti del settore utili a guidare «chi è uscito dallaccademia ma non si è ancora affacciato sul mercato». A Palazzo Carminati, un gioiello ristrutturato da poco, sono stati allestiti allultimo piano sette atelier e due appartamenti: «Sono le nostre soffitte dartista - spiega Angela Vettese -: arrivi dalle scale con il fiatone e il tuo premio è una vista mozzafiato su Venezia. Alcuni atelier sono ampi, anche di cento metri quadrati, altri più piccoli, cinque per cinque, ma tutti hanno il pregio di un luminoso finestrone. Nel Chiostro dei SS Cosma e Damiano abbiamo un altro spazio ristrutturato: era nato per gli artigiani veneziani, che lo hanno snobbato. Noi ci abbiamo ricavato cinque studi, che vivono gomito a gomito con importanti istituzioni, come lArchivio Luigi Nono».
I quattordici artisti sono al lavoro da febbraio e vi rimarranno fino ai primi mesi del 2013: chi è curioso di sapere che cosa stiano combinando può approfittare dell«Art Night» del prossimo 23 giugno, quando Venezia celebra la Notte Bianca dei musei e anche gli studi dartista aderiscono alliniziativa. Viene da chiedersi: Venezia non è una città troppo paludata per un emergente? «È fuori dai canonici circuiti dellarte contemporanea, è bella e meditativa, è il posto giusto per ricevere stimoli, per capire se si ha qualcosa da dire - commenta Vettese -. Qui si riflette, non ci si butta sul mercato. A New York è facile farsi sedurre dalla spirale di mondanità che ruota attorno allarte contemporanea. Certo, poi bisogna andarsene». E dove? In Olanda, che vanta una lunga tradizione di residenze dartista, a Berlino (vedi alla voce Kunst Werke), ma anche in città effervescenti come Tel Aviv. Per tutti il modello resta il celebre (inarrivabile per progetti e numeri, ma ora chiuso) PS1 di New York.
In Italia qualcosa si sta muovendo: fino al prossimo 22 luglio al Macro di Roma è attivo, per la prima volta, un open studio per quattro artisti «residenti» (Graham Hudson, Carola Bonfili, Ishmael Randall Weeks e Luigi Presicce), a Milano si è distinta ViaFarini, in Puglia sono nati i progetti di Vessel e Random, a Perugia la Cittadella Ranieri. Proposte interessanti, ma non sufficienti. «Una residenza dartista in ogni città», auspica Vettese. Al posto di premi e denari, meglio quattro mura e un programma che strappi dalla solitudine e dal narcisismo per favorire il confronto con altri, artisti ed esperti.
Tempo un anno - questa la formula della Fondazione Bevilacqua La Masa, pratica come la duchessa Felicita - e chi ha stoffa emerge.
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