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I tormentoni che raccontano com'è cambiata l'Italia

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Altro che i volumi di storia. O i trattati di sociologia. Per capire com'è cambiata l'Italia nell'ultimo mezzo secolo, e come il costume ha allargato o stretto le proprie maglie, la miglior cartina al tornasole sono le canzoni pop, vere e proprie tessere che compongono il mosaico dell'italianità popolare.
Dopotutto, l'evoluzione del mondo occidentale si sgrana anche attraverso la successione di canzoni e il loro rilievo collettivo è quindi un fenomeno globale. Ma i tormentoni sono ancora più «definitivi» delle canzoni e basta. Dai Watussi di Edoardo Vianello ai Los Marcellos Ferial di Cuando calienta el sol passando per le mille bolle blu di Mina, la playa dei Righeira fino al volo intercontinentale Roma Bangkok di Baby K e Giusy Ferreri. Perché sono meglio? Perché solo in Italia è così puntuale l'abitudine del «tormentone», ossia del brano tipicamente estivo che, anno dopo anno, cambia i propri connotati e raffigura o anticipa la realtà. Uno di fianco all'altro, questi brani sono il selfie perfetto di questo mezzo secolo abbondante. Lo conferma anche il libro Onda su Onda appena pubblicato per Zolfo da Enzo Gentile, uno dei critici musicali più autorevoli in circolazione, abbastanza esperto da aver attraversato tutte le epoche del tormentone e abbastanza autorevole da poterne dare una analisi raffinata, senza ammennicoli ideologici o letture partigiane.
Il tormentone va di pari passo con l'Italia che orgogliosamente si riprende dopo la distruzione della guerra mondiale. Come ricorda il direttore di Musica e Dischi Mario De Luigi, citato da Gentile, «il singolo di derivazione balneare fu una invenzione di Ennio Melis e del gruppo di lavoro che nei primi anni Sessanta dirigeva la Rca». Una intuizione unica al mondo. L'Italia è in poderosa rinascita. Si riaffaccia un po' di benessere dopo decenni di fame e tra il 1956 e il 1965 raddoppiano le presenze negli alberghi e i campeggi triplicano i frequentatori. Insomma la gente inizia ad andare in vacanza, nel 1955 arrivano i juke-box, le spiagge e i locali si affollano. Manca la colonna sonora, eccola: sono i 500 brani che hanno siglato le estati di tutte le generazioni fino a oggi.
Si fanno conoscere il Cantagiro, Disco per l'Estate e, soprattutto, il Festivalbar di Vittorio Salvetti che aveva fatto pratica dal 1956 con le gare per principianti: «Una volta si presentò un ragazzo magrolino arrivato da Milano con l'autista a bordo di una fiammante Giulietta color aragosta: era Silvio Berlusconi, in arte Silvio Glori: finì ultimo su trentadue, ma era simpatico e parlammo tutta la notte».
L'anno chiave è il 1960, con l'estate di scontri e morti per conflitti e rivendicazioni sindacali sotto il governo Tambroni. Da una parte il bisogno di migliorare la qualità della vita, dall'altra la necessità di portare allegria in un panorama musicale per lo più accademico e stantio. «Certo, pensare che i coriandoli estivi proposti di lì a pochissimo da Nico Fidenco ed Edoardo Vianello (...) ne siano una conseguenza (dei conflitti popolari, ndr) può sembrare una forzatura, ma l'affresco socio economico da cui scaturiscono quelle particelle mostra equilibri mutati», scrive Gentile. Incontestabile. Nel 1968 il «tormentone» fa il passo decisivo: la finale del Festivalbar arriva in tv grazie al presidente del Consiglio Dc Mariano Rumor, che la «consigliò» al capo assoluto della Rai, Bernabei. Praticamente la legittimazione nazionalpopolare. Ora il regno della canzone estiva è trasversale, senza confini, destinato a rinnovarsi decennio dopo decennio. Per di più, a metà anni Settanta arrivano le radio private, che si riveleranno uno straordinario detonatore popolare, insomma la versione «free» dei juke-box già in via di estinzione.
Intanto dagli arrangiamenti talvolta sofisticati (negli anni Sessanta tra gli arrangiatori c'erano anche Ennio Morricone e Luis Bacalov, tanto per dire) si era passati alla conformità di genere che, tra l'altro, dura ancora oggi. Ogni estate «premia» stili musicali diversi, a ondate. Onda su onda, appunto. Dagli anni Settanta in spiaggia iniziò a fare capolino persino la musica classica (I Solisti Veneti, i New Trolls), poi verso gli anni Ottanta iniziarono le folate stilistiche, talvolta vere e proprie mareggiate. Figli delle stelle di Alan Sorrenti è disco pop, per esempio, e siamo nel 1977 quando in Italia arriva l'eco di Donna Summer e dei Bee Gees, ma c'è il fumo acre e sanguinoso degli anni di piombo. Poi c'è la new wave che sparge elettronica e culla Ivan Cattaneo che con Italian Graffiati e le sue nuove versioni di Tintarella di luna o Abbronzatissima diventano la ripartenza del tormentone. È l'anno zero, quel 1981. Quel disco è stato, scrive Gentile, più o meno come il film The Blues Brothers nei confronti del soul e del rhythm'n'blues americano: la riscoperta del passato e una nuova partenza per il futuro. Del tormentone. Ma non solo.
Nelle pagine di Onda su Onda la musica si affianca alla cronaca o ai dati economici, quasi seguissero un percorso speculare. Ad esempio nel 1983 «l'aria di rinnovamento» di Bettino Craxi si accompagna idealmente alle Vacanze Romane dei Matia Bazar o a I like Chopin di Gazebo. Nel 1985 il venerdì nero della lira (svalutata dell'8 per cento) si lega a L'Estate sta finendo dei Righeira e Una storia importante di Eros Ramazzotti. E via elencando. Nella prima estate di Tangentopoli, il 1992, impazzano Hanno ucciso l'Uomo Ragno degli 883, Mare Mare di Luca Carboni e Voglio una donna di Roberto Vecchioni che, con versi come «Prendila te quella col cervello», oggi rischierebbe persino l'indignazione politicamente corretta. Quando «scende in campo» Berlusconi, c'è il Penso positivo di Jovanotti e Se tu non torni di Miguel Bosé. Nel 1996 sono Certe notti ad accompagnare le vacanze degli italiani e così anno dopo anno, come un album delle figurine della nostra vita.
Dalla fine degli anni Novanta sempre più spesso si parla inglese o spagnolo, tendenza ora rientrata. Dall'Un, dos tres María di Ricky Martin al Waka Waka di Shakira fino al ritorno dell'italotormentone in salsa sudamericana. Roma Bangkok del 2015 cambia le carte in tavola e fino a oggi la tendenza è dettata da Takagi & Ketra e Boomdabash e pochi altri, con una ritualità implacabile che si ripete anche quest'anno con gli ospiti più richiesti, da Fedez (con Achille Lauro e Orietta Berti) a J-Ax, Rocco Hunt e Fred De Palma fino a Rovazzi (con Eros Ramazzotti) e persino all'Allegria del 76enne Gianni Morandi. In sostanza, come scrive Enrico Vanzina nella postfazione (la prefazione è di Claudio Bisio) i tormentoni «resistono nell'immaginario di varie generazioni successive».

E compongono, uno dopo l'altro, la galleria fotografica dei nostri ricordi, tutti diversi ma tutti legati alle stesse canzoni. E in fondo oggi, nell'era della frammentazione ansiogena del tempo, questa pacata successione è persino rassicurante.

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