Cultura e Spettacoli

La fine del mondo occidentale: il virus che porta la guerra totale

Il libro Pandemia di Lawrence Wright, edito da Piemme, racconta di un mondo distopico in cui un virus, molto simile al Covid-19, colpisce il mondo. Provocando reazioni inaspettate (e tragiche)

La fine del mondo occidentale: il virus che porta la guerra totale

Può una particella di pochi nanomillimetri scardinare la società occidentale così come la conosciamo oggi? Può gettarla nell'abisso della violenza, destabilizzando democrazie, scatenando guerre che covano da millenni e annientando le connessioni? Può dimezzarne la popolazione lasciandola in balia di saccheggi, povertà e morte? Per il momento si tratta di un esercizio di fantasia. L'ha fatto Lawrence Wright, bravissimo giornalista che nel 2007 ha vinto il premio Pulitzer con il saggio Le altissime torri: come Al-Qaeda giunse all'11 settembre. Da qualche settimana Piemme ha dato alle stampe il suo ultimo lavoro, Pandemia (Piemme), un romanzo distopico che prevede una terribile influenza emorragica - non tanto dissimile dal coronavirus che oggi affligge il mondo, ma di gran lunga più virulenta e più letale. Si tratta di fiction, lo ribadiamo, ma leggerlo in questi giorni risulta una provocazione che ci fa riflettere su come può sprofondare la nostra società quando viene minata alle sue fondamenta.

"La lezione di questa società - si legge nel romanzo di Wright - è quanto sia arrogante la nostra presunzione di progresso. Ci crediamo superiori alla natura e capaci di sottometterla. Ma Pompei ci ricorda che la natura non si lascerà mai addomesticare". In Pandemia, come accade sempre anche nella realtà, il virus si intrufola lentamente. Poi, quando esplode il contagio, è troppo tardi per fermarlo. Il romanzo si apre su una stanca conferenza all'Assemblea Mondiale sulla Salute a Ginevra. Tra i casi presentati c'è anche quello di una strana influenza che si è sviluppata in un campo profughi di Giacarta. Nel giro di poche ore muoiono 47 persone. Il dottor Henry Parsons, un epidemiologo di fama mondiale, decide di partire per l'Indonesia per studiare un patogeno che capisce subito essere altamente contagioso e terribilmente letale. Sa che deve agire il prima possibile per evitarne la diffusione, ma un grossolano errore segna l'inizio della fine del mondo. Non pensa, infatti, a mettere in quarantena forzata l'autista che lo ha accompagnato al campo profughi, limitandosi a consigliargli di lavare tutti i vestiti che ha addosso e di farsi una doccia. Questo, l'indomani, parte per un pellegrinaggio alla Mecca, dove oltre tre milioni di pellegrini sono accorsi per pregare Allah. Henry tenta, quindi, una corsa contro il tempo per trovarlo e metterlo in isolamento. Ma ogni sforzo si rivela del tutto inutile: il contagio è già pandemia e non basta la chiusura degli aeroporti per frenare un morbo devastante che non lascia scampo a chi lo contrae.

La pandemia per Wright è solo la miccia. Basta uno dei tanti contagi, che segnano ripetutamente la storia dell'uomo, per piegare la nostra società. Dopo la prima ondata, infatti, le economie occidentali sono in ginocchio, i governi democratici capitolano uno dopo l'altro, il conflitto tra l'Arabia Saudita e l'Iran dà sfogo al rancore (a lungo sopito) tra la Russia e gli Stati Uniti. E, mentre il presidente americano muore in diretta tivù piangendo lacrime di sangue, il Cremlino sferra un cyber attacco che dà il colpo di grazia alle centrali energetiche statunitensi e oscura, una volta per tutte, internet. È la fine del mondo. È la fine del nostro mondo. "Non avrebbe dovuto sorprenderlo lo spettaccolo sotto i suoi occhi - si legge nel romanzo di Wright - la natura stava già riprendendo possesso di spazi prima occupati dall'uomo. L'epidemia si era placata, ma si era lasciata indietro una società distrutta, sfiduciata, piegata dalla disperazione. (...) Il processo lento e forse inesorabile della cancellazione della storia umana era iniziato". E, dietro a tutta questa disperazione, il sospetto che il patogeno sia stato creato in laboratorio, probabilmente dalla Russia, probabilmente per scatenare la guerra definitiva che la porti a ristabilire la propria egemonia in Medio Oriente.

Il Kongoli, il virus inventato da Wright nel suo libro, è così simile al Covid-19. Non si può leggere il romanzo senza fare paragoni, ovviamente con le debite proporzioni, a quanto sta succedendo oggi nel mondo. Il nuovo coronavirus, che dai wet market di Wuhan si è diffuso in tutto il mondo, ha rialzato barriere che sembravano abbattute, ha messo centinaia di milioni di persone in quarantena e, soprattutto, ha piegato economie che, fino a ieri, sembravano resistere a qualsiasi scossone. E che dire della violenza? Il lockdown ha generato frustrazione e la frustrazione oggi sta esplodendo in rabbia. Da settimane, per esempio, gli Stati Uniti sono resi instabili dalla protesta scatenata dall'uccisione dell'afroamericano George Floyd da parte di un agente di polizia. Il Covid-19 non è nato in laboratorio e non poterà mai alla fine del mondo. Il libro di Wright, tuttavia, punta i riflettori sul rischio delle guerre batteriologiche e su quanto la nostra società sia costantemente appesa a un filo. Oggi in un libro. Domani chissà..

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