Una «piccola» fiera, che però ha già cinquant'anni

di Michael Morpurgo
Ricordo la gente che gridava. Forte. – Ladro schifoso! Accattone pidocchioso! Fermatelo! Al ladro! Fermatelo! –. Provai a scappare, ma prima che riuscissi a filarmela, qualcuno mi afferrò e cominciò a picchiarmi. Non aveva la minima intenzione di lasciarmi andare.
La mamma corse in mio aiuto, per proteggermi, ma si riunì una folla di persone e tutt'a un tratto comparve anche la polizia. La mamma disse che era stata lei a rubare la mela, non io. Così quelli arrestarono lei al posto mio e la portarono in prigione. La picchiarono, mentre era chiusa là dentro. Sulla schiena ha ancora i segni. La tennero per quasi una settimana.
La torturarono.
Quando tornò indietro si sdraiò sul materasso accanto alla nonna e piansero insieme, per giorni. La mamma non mi guardava, girava la faccia e non mi rivolgeva la parola. Mi domandai se mi avrebbe mai più parlato.
Poco tempo dopo il cane arrivò per la prima volta nella caverna. Era una femmina, identica a quello che c'è nella tua foto.
Era magra, sporca e coperta di piaghe. Ero accovacciato vicino al fuoco per riscaldarmi un po', quando alzai gli occhi e la vidi lì, seduta, che mi fissava. Era diversa da qualsiasi altro cane che avessi mai visto: piccola, con le zampe corte, le orecchie lunghe, e due occhi color nocciola.
Le gridai di andarsene via. Sai, in Afghanistan i cani non stanno dentro casa, devono vivere con gli altri animali, all'aperto. Certo, io ora vivo qui da tanto e lo so che in Inghilterra è diverso. Qui ci sono persone che amano i cani più dei bambini. Davvero, io penso che se fossi stato un cane non mi avrebbero rinchiuso in un posto così.
Comunque, quella sera le tirai un sasso per mandarla via. Lei però rimase dov'era. Se ne stette lì, seduta e ferma.
Mi accorsi che tremava. Aveva tutte le costole sporgenti, da quanto era magra: si vedevano benissimo sotto la pelle coperta di piaghe e croste. Si capiva che stava morendo di fame.
Quindi, invece di buttarle un altro sasso, le lanciai un pezzo di pane raffermo. Lo prese all'istante, lo masticò, lo inghiottì e poi si leccò le labbra, in attesa di un altro pezzo.
Glielo buttai. Dopodiché, non feci nemmeno in tempo ad accorgermene che era dentro la caverna, sdraiata accanto a me, vicino al fuoco, come se quella fosse casa sua, come se lei appartenesse a quel luogo. Notai una ferita su una zampa. Forse l'avevano fatta partecipare a un combattimento tra cani o roba del genere. Si capiva che si preoccupava di quella piaga e continuava a leccarla.
Mia madre e mia nonna dormivano. Sapevo che avrebbero cacciato via la cagnetta appena l'avessero vista. Ma a me piaceva averla vicina. Volevo che restasse. Aveva due occhi gentili. Occhi amichevoli. Sapevo che non mi avrebbe fatto del male. Perciò mi sdraiai e dormii accanto a lei.
Il mattino dopo, molto presto, mi seguì giù per il fiume, quando andai a prendere l'acqua. Zoppicò malamente per tutta la strada. Mi lasciò lavare la zampa e pulire la ferita. Poi le dissi che se ne doveva andare e battei le mani, forte, cercando di farla scappare. Sapevo che chiunque l'avesse vista avrebbe potuto tirarle dei sassi, come avevo fatto anch'io, del resto, e non volevo. Risalii il pendio: lei non mi mollò un attimo. Ovviamente, appena ci videro, una massa di ragazzini ci vennero incontro di corsa, giù per il sentiero, e la cacciarono via. Le tirarono sassi, gridando: – Cane schifoso! Lurido cane straniero!
Feci tutto il possibile per fermarli, ma non mi ascoltarono. Adesso non ce l'ho con loro. In fondo quella cagnetta era diversa, non somigliava a nessuna razza conosciuta dalle nostre parti. Lei filò via, e pensai che quella era l'ultima volta che la vedevo.
Invece quella sera si ripresentò all'ingresso della caverna. Scoprii che le piacevano le interiora, la trippa, per quanto marcia fosse. Lo sai che cos'è la trippa? È il rivestimento dello stomaco delle mucche. Era l'unica carne che potevamo permetterci di comprare, a Bamiyan. Comunque, ne era rimasto qualche pezzetto andato a male e le gettai quelli.
Poi, più tardi, quando scivolò dentro per rimettersi di nuovo vicino al fuoco, la mamma e la nonna si svegliarono e la videro. Si arrabbiarono moltissimo con me e mi dissero che tutti i cani sono sporchi e che quella bestia non poteva stare dentro e mai avrebbe potuto. Dovetti portarla fuori per forza, ma lei si sedette a un passo dall'interno della caverna e restò a guardarci finché la mamma e la nonna non se ne furono andate a letto.

Sembrava sapere che a quel punto entrare era più sicuro, perché quando andai a sdraiarmi me la ritrovai accanto.

Tratto da Verso casa

di Michael Morpurgo

© 2013 Edizioni Piemme

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica