La profezia di Saviane: verrà un Papa «laico»

La profezia di Saviane: verrà un Papa «laico»
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Q uello di Giorgio Saviane è un fenomeno. Una prova sperimentata della cecità editoriale odierna. Una ventina di romanzi (il primo, Le due folle , edito da Guanda nel 1957), quasi tutti di successo, a partire, per lo meno, da Il papa (Rizzoli) selezionato alla prima edizione del Campiello, era il 1963, vinta da Primo Levi con La tregua (Einaudi). Un romanzo, quello che racconta la tormentata ascesa al soglio pontificio di don Claudio, che scassina l'alcova ben agghindata delle aule vaticane. Tradotto in inglese (come The Finger in the Candle Flame ) e in spagnolo ( El Papa ), il libro fu messo, idealmente, all'indice dai pensatori fedeli a Sua Santità. Salvo poi essere salvato dal falò dei chierici, «nel 1963 lo stroncai per ben tre volte», confessò il pio Nazareno Fabbretti, per poi, trent'anni dopo - i grandi libri chiedono lunghi tempi digestivi - convertirsi: quel romanzo «su un possibile papa fuori di ogni schema fisso» era fitto di «pagine memorabili», ma soprattutto costituiva «una profezia laica del destino della Chiesa». Perché allora nessuno si è degnato di tirarlo fuori dalla soffitta nell'era del papa «guevarista» e rivoluzionario, Francesco? Saviane, scrittore rapace, autore di capolavori scomodi ( Il mare verticale , Rusconi), di libri mai facili, ma torbidi, obliqui, industriosamente sinistri, come Getsèmani (Mondadori), la storia patetica di un Gesù dei tempi moderni, fece successo epocale con Eutanasia di un amore (Rizzoli), Premio Bancarella e soprattutto film, girato da Enrico Maria Salerno con Tony Musante e Ornella Muti. «Beh, Silva, nel romanzo, sono io», mi dice, con voce radiosa, Alessandra Del Campana. Che conobbe Saviane a 22 anni. Lui ne aveva quasi quaranta in più. «Aveva molte donne, ne era assediato. E tutte quasi subito presero a odiarmi. Ma io, per quel che mi riguarda, a Saviane non pensavo proprio: lo vedevo troppo anziano e troppo compromesso». Poi però l'ha portato all'altare, quando lui aveva più di 80 anni. Alessandra Del Campana è devota custode dell'opera del marito, ne conosce tutti i geologici anfratti («Scriveva su quaderni dalla copertina marrone, con una penna a inchiostro verde. Gli ultimi libri, però, me li ha dettati. “Non dirlo a nessuno, per carità”, m'intimava. Pensava che per uno scrittore fosse sconveniente dettare i propri romanzi»). Ma che qualcosa andasse storto, che covassero rancori, uno stillicidio di lancinanti invidie, lo ha capito subito, appena Saviane lascia questa terra. Nella storia della letteratura italiana, confessò Giorgio Luti a Repubblica , a cadavere caldo, Saviane occupa «un posto marginale», trattasi di «un minore, ma di talento». Un giudizio che sa di pratica archiviata e di sospiro di sollievo. Il problema è che Saviane non aveva amici. Anzi, stava sonoramente sulle palle. «Ai club degli scrittori preferiva le scalate, sulle Dolomiti. Oppure andare in barca». Antipatico? «Diciamo che non era un leccapiedi e diceva quello che pensava. Sì, aveva un brutto carattere».

Domani, attraverso l'editore Guaraldi, Saviane risorgerà dall'oblio. In un solo volume di carta la Del Campana ha ridotto e accorpato i romanzi «teologici» del marito ( Il papa , Getsèmani , Il mare verticale , Voglio parlare con Dio ) realizzando di fatto un nuovo libro col titolo Mio Dio . E la volontà del caro estinto va in cenere? No, perché qui sta il bello del digitale. La filologia è salva.

In formato digitale, e-book, è possibile accedere a tutti i libri di Saviane così come li ha scritti, e a una mole di referti critici. L'opera riesumata e restaurata, che parla adesso&qui, è in carta; i materiali canonici in digitale.

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