La data ufficiale è quella del 22 gennaio del 1944. Ma in realtà l'operazione Shingle, ovvero quella che portò allo sbarco angloamericano, nella zona Anzio-Nettuno, era già, - malamente - iniziata da settimane. C'era voluto tempo per radunare i mezzi anfibi della task force 81 che, il 21 gennaio, salpò dal porto di Napoli. C'erano state discussioni infinite, ordini e contrordini. Agli statunitensi l'operazione, pensata per colpire alle spalle la linea Gustav dove i tedeschi (soprattutto attorno a Cassino) opponevano una feroce resistenza, non piaceva affatto: temevano interferisse con il più importante D-day in Normandia per cui stavano già radunando le forze. Churchill invece a una operazione di alleggerimento in Italia teneva tantissimo: per lui l'Italia restava il ventre molle dell'Asse. Il risultato di questo contrasto fu l'operazione militare più pasticciata della battaglia per la «fortezza Europa». Costata agli alleati, senza risultati apprezzabili, 5mila morti, 35mila feriti e dispersi e 4500 prigionieri. Ora che dell'evento ricorrono i settant'anni - e il governo americano si mobilità visto che ancora non è riuscito a recuperare tutti i suoi caduti in quella zona - in Italia arriva per l'editore Leg un bel saggio dello storico militare Steven J. Zaloga che chiarisce i risvolti di quel «pasticciaccio brutto»: Anzio 1944. La testa di ponte assediata (pagg. 150, euro 18).
Infatti, incredibile a dirsi, nonostante i tira e molla degli alleati i tedeschi all'inizio dello sbarco si fecero cogliere impreparati. Certo, l'idea di una manovra aggirante via mare Albert Kesselring e lo stato maggiore tedesco l'avevano ampiamente valutata. Ma sul dove potesse avvenire non avevano azzeccato le previsioni. Così le prime ondate di sbarco angloamericane arrivarono a riva quasi indisturbate. A parte poche incursioni diurne della Lutwaffe il problema più consistente fu la pendenza della spiaggia dello sbarco britannico che spinse il generale Lucas a reindirizzare i pontoni direttamente su Anzio (tra Anzio e Nettuno ci si litiga ancora il nome dello sbarco).
Ma la parte facile finì lì. Gli alleati per sfruttare il vantaggio iniziale avrebbero dovuto buttarsi fuori dalla testa di ponte, osare un rapido attacco ai colli albani (e alle statali 6 e 7 che portavano verso Roma). Ma il generale John P. Lucas, americano classe 1890, non aveva entusiasmo per l'operazione. Già in fase organizzativa scrisse sul suo diario: «L'intera faccenda ha un forte sapore di Gallipoli, e a quanto pare lo stesso dilettante di allora siede sulla panchina dell'allenatore». Era un chiaro riferimento allo sbarco in Turchia voluto da Churchill, allora primo lord dell'ammiragliato, durante la Prima guerra mondiale e trasformatosi in un sanguinoso disastro. Per di più anche i suoi superiori, a partire dal generale Clark, gli suggerirono in modo chiaro di andarci cauto: «Non mettere fuori la testa Johnny. Io l'ho fatto a Salerno e sono finito nei guai». E dal punto di vista degli americani abituati ad agire in forte vantaggio, numerico e di mezzi, il ragionamento non faceva una grinza. Solo che così rallentato il blitz di Churchill si rivelò un boomerang. A questo si sommarono una serie di errori tattici come sottovalutare il ruolo di alcuni incroci fondamentali come quelli di Campoleone e Cisterna. In un paio di giorni i tedeschi mobilitarono panzer, aerei con bombe telecomandate, poi arrivarono anche cannoni ferroviari di grossissimo calibro e a lunghissima gittata (soprannominati dagli alleati «Anzio Annie» e «Anzio Express»).
Nel gioco di stallo i tedeschi ebbero il tempo di far convergere verso Sud gli uomini della 14esima armata che presidiava il Nord Italia. Così in appena una settimana i 61mila anglo-americani sbarcati si ritrovarono di fronte 71mila 500 tedeschi. La testa di ponte finì sotto assedio. E a salvarla furono un coraggio disperato e la superiorità aerea. Ma la questione divenne sopravvivere, non certo sfondare. Anzi gli attacchi angloamericani, come quello dei rangers Usa del 30-31 gennaio, si trasformarono in vere mattanze. I 767 uomini che vennero mandati all'attacco di Cisterna con bazooka e armi leggere, percorrendo un tratto asciutto del Canale Mussolini, si trovarono contro i blindatissimi carri della Panzer Division «Hermann Goering». Solo 6 di loro riuscirono a tornare oltre le linee. E la macelleria continuò molto a lungo prima con dei feroci contrattacchi tedeschi pensati per dividere in due la testa di ponte (operazioni Fischfang e Seitensprung) e poi con uno stillicidio di piccole battaglie inutili e logoranti. Alla fine solo la caduta di Cassino e della linea Gustav, il 17 maggio del '44, sbloccò lentamente la situazione.
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