La ragazza di Alamar e il mistero dell’Avana

Il nuovo libro di Davide Barilli in una Cuba in bilico tra allegria e disperazione

Il Che all'Avana
Il Che all'Avana

Ci sono le ossessioni, che tagliano l’asfalto con ombre lunghe e oscure. Poi ci sono le magnifiche ossessioni, che illuminano l’anima e il cammino di chi le vive. Quella di Davide Barilli per Cuba è una magnifica ossessione. E non tanto per i riconoscimenti letterari che la terra di Castro gli ha riservato (come il premio Microeditoria di qualità, vinto l’anno scorso col romanzo «Carte d’Avana»). Ora Barilli, giornalista della «Gazzetta di Parma», torna al suo vecchio, solito (unico?) grande amore, sublimandolo nella bellezza tutta da sfogliare de «La ragazza di Alamar» (Fedelo’s Editrice). Ambientato in un’Avana piovosa, tra santuari, bettole malfamate e personaggi indecifrabili, «La ragazza di Alamar» è imperniato su un incontro che segna indelebilmente il protagonista di una storia costruita più da ombre che da certezze; un ordinato narrativo che può essere letto come un passepartout per capire l’impossibilità di definire un’isola labirintica e meravigliosamente in bilico tra disperazione e allegria.

Il racconto - illustrato, in una carnale e felice contaminazione, dalle suggestive immagini di un altro Barilli, Francesco - immerge il lettore nella Cuba più autentica, densa di echi, interrogativi e misteri; terra di magie e tradimenti, di sogni disillusi e cammini senza meta, in un susseguirsi di undici capitoli che verranno a formare un alfabeto anomalo e controcorrente. Da gustare a piccoli sorsi, come le sorsate di una schiumosa birra Bucanero.

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