Riforme territoriali. E se il Bel Paese funzionasse meglio con 36 regioni?

La Società geografica italiana ha presentato una proposta di riassetto amministrativo: 36 (o 31) Regioni a statuto speciale con grandi aree metropolitane, poli urbani e comunità territoriali

Trentuno o trentasei regioni (tutte a statuto speciale) per ridisegnare l'assetto amministrativo dell'Italia, con una riorganizzazione territoriale e un miglioramento dei servizi, a fronte di un abbattimento dei costi. È la proposta che la Società geografica italiana ha elaborato, in collaborazione con il ministero per gli Affari regionali e le Autonomie, e che è stata presentata oggi alla stampa.
Si tratta di possibili nuovi ambiti regionali «che non escludono le dimensioni provinciali e regionali attuali, ma le ridefiniscono in ragione della dinamica degli eco-sistemi urbani quale fondamento della possibile competitività, della coesione economica e della valorizzazione dei contesti territoriali. Il disegno che ne emerge, «suscettibile di un inevitabile dibattito politico, prevede inoltre la definizione di livelli di aggregazione comunale (e non di un accorpamento delle province), volti a perseguire adeguatezza funzionale e sensibili risparmi di spesa». Un disegno dell'Italia, quindi, in regioni autonome che possano legiferare in completa autonomia anche nella promozione delle autonomie favorendo il decentramento amministrativo. Una proposta, però, che prevede anche una riforma costituzionale e la ridefinizione delle competenze delle nuove entità.
Il lavoro della Società geografica italiana è partito dalla considerazione delle difficoltà incontrate in Italia dal processo di decentramento amministrativo: le Regioni a statuto ordinario hanno sofferto e soffrono tutt'ora della mancata piena disponibilità di importanti competenze in ragione del loro ritardato trasferimento da parte dello Stato; inoltre l'insieme delle Regioni non dispongono di un adeguato spazio istituzionale dove confrontarsi con il potere centrale. Un altro punto controverso riguarda la configurazione geografica, spesso ostacolo ai processi di sviluppo, da riconsiderare sulla base di una partizione territoriale coerente, che consenta di perseguire fini collettivi, non solo nei processi economici, ma anche di coesione sociale.
Il fondamento metodologico scelto è dato dall'individuazione di sistemi urbani, o meglio di «eco-sistemi urbani», con l'obiettivo di «territorializzare» la dimensione economica, le esigenze di inclusione sociale, i caratteri patrimoniali e ambientali. Il tutto cercando di evitare la sovrapposizione di competenze. Si tratta, sottolinea la nota, «di utilizzare il più estesamente possibile il medesimo ritaglio territoriale per l'esercizio del maggior numero possibile di funzioni, eliminando (accorpando o scomponendo) gli ambiti di esercizio funzionale non coincidenti».
Nelle regioni individuate, oltre ai nuovi confini geografici, si sono poi individuate diverse articolazioni interne: Aree metropolitane, Polarità urbane (soglia di 90mila abitanti), Comunità territoriali. Questa ipotesi di riorganizzazione delle istituzioni locali porterebbe a distribuire la popolazione nazionale per il 36,3 % (21,6 milioni di abitanti) nelle Aree metropolitane, per il 9,2% (5,5 milioni di abitanti) nelle Polarità urbane e per il 54,5 % (32,4 milioni di abitanti) nelle Comunità territoriali. Oltre undici milioni di abitanti (circa un terzo della popolazione totale del paese) ricadrebbero in Comunità contigue alle Polarità urbane. Ecco le regioni previste nelle proposte.

Per l'ipotesi con 31 Regioni: 1) del Tanaro, 2) La grande Torino, 3) Valsesia/Piemonte settentrionale, 4) La Grande Milano, 5) Insubria, 6) Liguria, 7) del Garda, 8) Dolomitia, 9) Veneto, 10) Friuli/Iulia, 11) Emilia/La Grande Bologna, 12) Padania orientale/Romagna, 13) Tirrenia, 14) La grande Firenze, 15) Etruria, 16) Umbria, 17) Marche, 18) Roma Capitale, 19) Ciociaria, 20) Abruzzo, 21) Napoletano, 22) Campania, 23) Daunia, 24) Puglia, 25) Salento 26) Basilicata 27) Calabria 28) Sicilia Ionica, 29) Sicilia occidentale, 30) Sardegna settentrionale, 31) Sardegna meridionale.
Per la proposta che prevede 36 enti, alle 31 precedenti si aggiungono Valle d'Aosta, Padania occidentale/le città del Po, Padania orientale/del delta, Alto Adige, dello Stretto.

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