“Attaccare un bottone” è un’espressione relativamente recente (il Devoto Oli la fa risalire al 1923) e l’attaccabottoni è un “seccatore, ciarlone che non la finisce più” (Panzini), un noioso che tormenta gli altri con le sue storie, spesso inutili.
La parola ci permette di citare un meraviglioso libro del 1947, “Il vero signore” di Giovanni Ansaldo, un ironico e affettuoso trattato di stile che va oltre le buone maniere e insegna che essere “signore” è una categoria dell’animo e non del portafoglio.
A proposito dei comportamenti in pubblico, Ansaldo osserva: “Una soluzione del problema del dove tenere le mani, taluni la trovano mettendole direttamente addosso alla persona dell’interlocutore; sia che ne afferrino cordialmente il braccio, sia che (il gesto tipico) lo tengano fermo, delicatamente, per un bottone della giacca. E’ questa una soluzione aborrita dal vero signore”.
Più avanti, trattando dei seccatori, che non esita a definire “scabbia d’Italia”, si sofferma ancora sull’attaccabottoni.
Dice: “Distinti nettamente dai seccatori sono i chiacchieroni, gli amatori del parlare per il parlare; coloro che non sollecitano nulla dall’uditore, al di fuori che una blanda attenzione, e che sono volgarmente chiamati attaccabottoni. Il vero signore ha dell’indulgenza per l’attaccabottoni; è un tipo umano eterno, il cui flusso di parole è già stato descritto tremila anni fa da Teofrasto; perché Atene ne era già piena”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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