Dal rigattiere di parole: "Giulebbe"

Giulebbe, o giulebbo, è una bevanda dolce, dolcissima, persino nauseante, tanto che la parola è usata soprattutto in senso figurato per indicare qualcosa di sdolcinato, di esageratamente zuccheroso

Dal rigattiere di parole: "Giulebbe"
Giulebbe, o giulebbo, è una bevanda dolce, dolcissima, persino nauseante, tanto che la parola è usata soprattutto in senso figurato per indicare qualcosa di sdolcinato, di esageratamente zuccheroso. Deriva dall'arabo giulab, composto di gul=rosa e ab=acqua; letteralmente, acqua di rose. Il giulebbe non è l'acqua di rose, ma è, almeno in origine, la miscela di questa con lo zucchero. Il giulebbe è – citiamo la ricetta del Cardinali Borrelli - “bevanda composta di zucchero bollito in acqua comune o stillata, e di sughi d'erbe o di pomi, chiarita con albume d'uovo”. E', più semplicemente, uno sciroppo denso aromatizzato. Per il Pianigiani è “una pozione medicinale composta di frutta, miele e acqua (di rose)”.

Il senso metaforico della parola sopravvive alla bevanda; un giulebbe è una persona o una cosa eccessivamente sdolcinata; vivere nel giulebbe, tuffarsi nel giulebbe significa abbandonarsi a uno stato di beatitudine inerte, anche di natura puramente illusoria.

Il verbo Giulebbare significa addolcire, zuccherare con un preciso significato figurato: sopportare, per educazione o per costrizione, qualcuno o qualcosa fingendo i provarne piacere; è come dire, per esempio, sorbirsi o sciropparsi un seccatore o una persona molesta. Certi dizionari riportano anche l'espressione Giulebbe lungo, inteso come “lungaggine o lungheria” (Panlessico).

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