È il ribasso di prezzo, il contrario di rincaro. Vocabolo oggi pressoché abbandonato, ma in passato d'uso corrente nel mondo commerciale, con riferimento alle derrate e alle merci (“l'abbondante raccolto ha rinvilito il grano”, “il macellaro rinvilia la carne”). In realtà è una parola che potrebbe essere ancora funzionale, nel senso appunto di deprezzamento, diminuzione del prezzo di vendita.
Il verbo rinvilire (di cui è nota anche la variante toscana rinviliare) è un derivato di vile (in latino, vilis) nel significato di “a buon mercato, a poco prezzo”; re-in-vilire dà l'idea del ritorno a un prezzo più basso, com'è tipico delle oscillazioni commerciali. Render vile è, per il Pianigiani, “scemar di pregio, di valore” e ha un forte significato anche al di fuori di denaro ed economia. Vile è “di poco pregio, di poca stima. Avere a reputare a vile è dispregiare”. Vile, per lo stesso autore, è anche “abietto, sudicio, timido, pauroso”. Per il Tommaseo vile è “di piccolo cuore” e, alla voce rinvilire rinvia a “rinvigliacchire”, dal significato intuibile. Vile, per il Devoto Oli è “di scarso o nullo valore”, riferito sia a cose che a persone.
Se rinvilire e rinvilio sono d'uso ormai raro, altri verbi derivanti da vile e pressoché sinonimi, si utilizzano diffusamente: svilire (render vile, abbassare, deprezzare, con una certa sfumatura di critica); avvilire (rendere vile nel senso di degradare sul piano
della dignità, umiliare, mortificare, abbattere, demoralizzare), anche nella variante ravvilire. Da avvilire deriva avvilimento, parola comune, mentre da svilire deriva svilio (deprezzamento della moneta) che non si usa più.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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