Stiamo ai fatti raccontati nel romanzo Il direttore di Luigi Bisignani (Chiarelettere, pagg. 240, euro 16). Un grande banchiere, che controlla il quotidiano più influente d'Italia, ha bisogno di un «piacere» del direttore. Il suo potere all'interno della Banca, e anche del giornale, rischia di rivelare qualche crepa, sarebbe necessario distrarre l'attenzione pubblica con una campagna stampa ben orchestrata. Verbali, intercettazioni, arresti eccellenti. Un bel polverone che copra le magagne vere. Il direttore, che deve tutto al banchiere, non si fa pregare. Anzi, sa già come comportarsi prima ancora che gli venga richiesto esplicitamente. La cosa migliore è togliere il guinzaglio alla famosa giornalista d'inchiesta con entrature ottime nelle procure e nei servizi segreti. Così quando a Taranto si apre uno strambo caso giudiziario su una banca minore, il famoso quotidiano lo cavalca con pagine su pagine, presentandosi come paladino della giustizia. Nel frattempo tutti spiano tutti. Agenti, finanza, singolari società private. Tabulati, cimici, intrusioni nei computer: sono spezzoni di realtà, da montare e rimontare a piacimento, a seconda di chi si vuole mettere nel mirino. C'è qualcosa di penalmente rilevante? No, ma cosa importa? Di inquirenti desiderosi di fare carriera sono pieni i tribunali, e una inchiesta che finisce in prima pagina è un fiore all'occhiello, a prescindere dai risultati finali.
Fino a qui, siamo nell'analisi di cosa sia il potere: una somma di relazioni che si stringono in alleanza fino a quando conviene e talvolta anche oltre, visto che ciascuno è in grado di ricattare i propri «amici» e trascinarli a fondo con sé. Quanto all'informazione: quella «grande» serve a nascondere i propri misfatti e ad alimentare la convinzione che i disastri del Paese siano da attribuire «a una ristretta cerchia di personaggi legati al mondo politico». La Casta, insomma. Ma il potere in Italia si è liquefatto, e quindi stavolta i conti non tornano. Ci sono alcuni morti, un cronista con la schiena dritta, un sito libero di controinformazione, un'indagine che porta allo scoperto un passato scomodissimo. L'ascesa del banchiere, soprattutto, legato a una cordata di potere in cima alla quale siede un potentissimo prelato di vedute progressiste e amico dei giudici. L'ascesa del direttore, burattino nelle mani del banchiere. L'ascesa della famosa giornalista d'inchiesta, burattino nelle mani del burattino. Fino a qui ciò che si può raccontare di questo libro che resta un thriller, e ne segue le regole, colpi di scena inclusi. Adesso però viene il motivo per cui de Il banchiere si parla senza tregua, e da prima della sua «scomparsa» dal programma del Salone del Libro di Torino, con reciproco lancio di accuse, proseguite anche ieri, tra l'editore e gli organizzatori. L'autore è Luigi Bisignani, ex giornalista, ex capo ufficio stampa per diversi ministeri, attualmente partner di una società di consulenza. E coinvolto in alcune clamorose inchieste giudiziarie, dalla tangente Enimont alla fantomatica P4. Un uomo molto informato, per universale riconoscimento. Non bisogna essere il commissario Maigret per intuire chi potrebbero essere i reali protagonisti del libro, appena mascherati dal velo della finzione. Il giornale a qualcuno potrebbe sembrare il Corriere della Sera, il direttore si direbbe Ferruccio De Bortoli, il banchiere Giovanni Bazoli, presidente di Intesa San Paolo, l'alto prelato il Cardinale Martini, la famosa giornalista d'inchiesta assomiglia a Fiorenza Sarzanini, il sito di controinformazione ricorda Dagospia. Istituzioni e persone già presenti ne L'uomo che sussurra ai potenti, saggio scritto con Paolo Madron ed edito da Chiarelettere nel 2013. I parallelismi, osserva Stefano Feltri sul Fatto, sono superficiali, i tempi non tornano, Bisignani, in passato autore di altri gialli, si muove in un terreno che mescola falso e verosimile. L'affresco però colpisce, inutile negarlo, e la riflessione sui meccanismi del potere resta molto intrigante. In via Solferino tutto tace, certo a Intesa San Paolo non avranno stappato lo spumante quando, scorrendo la lista degli invitati al Salone del libro di Torino, di cui la banca è sponsor, avranno visto il nome di Bisignani.
Resta una domanda di fondo, a cui cerchiamo di rispondere nella intervista in questa stessa pagina: un romanzo a chiave come questo, in una collana con titoli dalle caratteristiche simili, non sarà un modo di lanciare accuse o maldicenze senza assumersi l'onere della prova?
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