Cultura e Spettacoli

Lo scandaloso talento di Gore Vidal

Morto a 86 anni lo scrittore e sceneggiatore. Le sue idee politiche erano bizzarre: Pearl Harbor è stata voluta da Roosvelt e l'11 settembre le istituzioni lasciarono fare

Lo scandaloso talento di Gore Vidal

Nulla vieta, per fortuna, che un grande scrittore sposi idee politiche che a molti sembrano bizzarre. Gore Vidal, nipote di un senatore democratico dell'Oklahoma, e a sua volta candidato al Congresso per lo stesso partito, si è segnalato per una feroce vena critica verso gli Usa, talvolta sfociata nel complottismo. Riformatore radicale e isolazionista, come si definiva lui, o radical chic, come lo definivano i detrattori; patriota fedele al Bill of Right, come si definiva lui, o antiamericano immemore di quanto il partito democratico si fosse avvicinato allo statalismo europeo, come lo definivano i detrattori, Vidal ha sempre suscitato reazioni viscerali.
Come ha detto e scritto più volte, a esempio ne L'età dell'oro (titolo ironico sugli Usa negli anni 1949-1954), l'attacco giapponese a Pearl Harbor sarebbe stato propiziato da Roosevelt, smanioso di entrare in guerra. Washington, da quel momento, non avrebbe fatto altro che cercare, e trovare, scuse per affermarsi come Impero, titolo di un altro suo saggio.

Questa chiave di lettura si applica anche all'11 settembre 2001. Dopo aver insinuato responsabilità indirette dei servizi segreti e delle istituzioni nell'attentato, nella Fine della libertà corregge il tiro. Osama è responsabile della strage ma il governo di Bush ha fatto tesoro dell'accaduto, promuovendo una politica di conquista nei Paesi islamici con la dubbia motivazione di esportare la democrazia. Sotto ci sarebbe in realtà la sete di petrolio della famiglia Bush. Intervistato da Vittorio Macioce sul Giornale nel novembre 2001, aggiunse di non voler accettare una riduzione della libertà in cambio della sicurezza: «La Cia riceve ogni anno, in tasse, 30 miliardi di dollari per combattere il terrorismo. Bastano e non c'è bisogno che io rinunci ai diritti garantiti dalla Costituzione». Tesi analoghe erano già state tirate fuori in occasione della bomba piazzata da Timothy McVeigh a Oklahoma City nell'aprile del 1995 (168 morti). Vidal ebbe un lungo rapporto epistolare col bombarolo, e si convinse che non avesse potuto agire in solitudine, adombrando oscure trame dell'Fbi che, al corrente dell'attacco, avrebbe lasciato fare.

Spirito polemico, convinto che la democrazia negli Usa fosse solo un ricordo, autoesiliatosi per anni a Ravello in Italia, nel 1968 commentò le elezioni presidenziali che vedevano Nixon contro Humphrey. Finì quasi a cazzotti con l'altro opinionista della rete televisiva Abc, il conservatore William Buckley Jr. Questo il «sereno» scambio di vedute. Vidal: «Sei a favore del cripto-nazismo». Buckley jr: «Depravato, ritira o ti spacco la faccia». Fu uno dei primi esempi clamorosi di telerissa.

Che personaggio, Vidal: innovativo non solo in campo letterario.

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