Scoprire le regole del mercato è un gioco da premio Nobel

Il riconoscimento per l'economia a Roth e Shapley. I loro studi aiutano l'incontro fra domanda e offerta. Anche in campi molto concreti come il trapianto d'organi

Quelli di Stoccolma ti buttano addosso una responsabilità mica da poco, fanno due nomi, dicono «questi sono i premi Nobel per l'economia» e ti cambiano la vita. Cosa si aspetta la gente da due Nobel per l'economia? Semplice, che trovino una ricetta per uscire dalla crisi. È per questo che quando i giornalisti hanno chiamato all'alba Alvin Roth in California, la sua prima risposta è stata: «Sto ancora dormendo. Mi sa che ho bisogno di un caffè». Non è andata in modo tanto diverso con Lloyd Shapley, classe 1923, 89 anni e nessuna voglia di passare per vecchio stregone. «Forse hanno sbagliato persona. Io sono un matematico. Non ho mai, e dico mai, partecipato nella mia vita a un corso di economia».
Non hanno tutti i torti. Di questi tempi gli economisti non godono di buona fama. Sembra che non azzecchino una «profezia», parlano sempre dopo, sono un giorno apocalittici e l'altro ti dicono che il peggio sta passando. Più o meno subiscono lo stesso grado di antipatia di chi fa le previsioni del tempo quando annunciano un weekend con il sole e ti ritrovi in spiaggia sotto la pioggia. Solo che in genere gli economisti non sono sciamani, non scrutano nella palla di vetro, non fanno gli aruspici, non si vestono come Mago Zurlì. Non sono profeti.
Il Nobel a Shapley e Roth è invece un segnale importante. È il riconoscimento del ruolo che sta avendo nella vita quotidiana la teoria dei giochi. Tanti conoscono il dilemma del prigioniero. Molti di più hanno visto Beautiful Mind, il film che racconta la storia esaltante e drammatica di John Nash. Chi ha avuto a che fare con gli studi di matematica, di economia e di scienza politica conosce il saggio Theory of Games and Economic Behavior di John von Neumann e Oskar Morgenstern. È da lì che probabilmente comincia in modo sistematico l'idea di descrivere matematicamente il comportamento umano in quei casi in cui l'interazione fra uomini comporta la vincita, o lo spartirsi, di qualche tipo di risorsa. È il tentativo di definire le conseguenze delle azioni umane, di tutti i protagonisti all'interno di uno scenario: perché si muovono così, quanto pesano le loro scelte, cosa ricavano, cosa perdono. Con la teoria dei giochi si può dire che il comportamento più cretino è quello di chi con le sue azioni danneggia tutti gli altri, senza guadagnarci nulla o, peggio, rimettendoci. La teoria dei giochi non snocciola ricette per uscire dalla crisi, ma fa capire come ci siamo entrati. Detto in modo rozzo ti indica chi sono gli idioti, i cretini, i troppo furbi o i troppo ingenui. O, senza andare a cercare capri espiatori, evidenzia dove e cosa stiamo sbagliando. Non è un discorso etico, ma logico e razionale. Solo che etica e razionalità qualche volta coincidono. Non c'è peggior farabutto del cretino.
Roth è soprattutto un «pratico». Applica i suoi algoritmi alla risoluzione di problemi di vita quotidiana. Si va da come rendere più stabili i matrimoni al mercato del lavoro, dal trapianto degli organi alla ricerca della facoltà migliore per gli studenti. Shapley è un «teorico». Sono anni che è in lista per il Nobel. Nella teoria dei giochi il «valore di Shapley» è un indice classico. Di che si tratta? Shapley studia le coalizioni e ti dice quale sia il peso marginale e il premio corretto in caso di vittoria. È il modo per redistribuire la ricompensa tra i soggetti di una coalizione. Capite che questa teoria si può applicare ai soci in affare o a un gruppo di lavoro, ma è molto, molto interessante per la politica. Facciamo un esempio. C'è un partito molto forte che cerca alleati per vincere le elezioni. Si rivolge prima a una forza politica con buoni consensi, concentrati soprattutto su un ampio territorio che potremmo chiamare Nord. Ma i leader della coalizione teme ancora di non farcela a vincere. Allora arruola un partito più piccolo, che dice di sfruttare la sua posizione centrale nel mercato dei voti. Come ultimo alleato sceglie un movimento più marginale, ma che gli copre le ali estreme. Quanto pesano questi quattro protagonisti nella vittoria finale? Come mai il partito più grosso alla fine si ritrova a subire le scelte del terzo e perfino del quarto partito? Come mai il secondo partito si accontenta di contare meno del terzo e, addirittura, si mostra più fedele e meno capriccioso? Lloyd Shapley perdonerà questo giochetto poco matematico.

Il vecchio scienziato di Los Angeles probabilmente non si è mai preoccupato delle eroicomiche vicende politiche italiane. Ma forse un favore ce lo può fare. Dirci quanto vale Casini e se siamo davvero costretti a sopportarlo.

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