Sette "regole" facili facili per crescere i maschietti

Le differenze di genere esistono ed è meglio rispettarle, dice Meg Meeker

Sette "regole" facili facili per crescere i maschietti

Cominciamo con una citazione d'autore. «Era una mattina, avevo promesso un regalo al figlio del mio amico ed entrai nel gran magazzino a Francoforte per domandare una bella pistola a tamburo. Mi guardarono scandalizzati. Non facciamo giocattoli bellici, signore. Da sentirsi gelati. Uscii mortificato». Ma il Nostro, dopo matura riflessione, sbotta: «Non mi avrebbero più ingannato, da allora in poi mi sarei basato solo sull'esperienza personale e avrei diffidato dei pedagoghi». Così scriveva, nel 1963, Umberto Eco (Diario minimo. Lettera a mio figlio). E proseguiva: «Allora ti regalerò fucili. A due canne. A ripetizione. Mitra. Cannoni. Bazooka. Sciabole. Eserciti di soldatini - in assetto di guerra». Era il tempo del pacifismo (di sinistra). Oggi è quello della gender theory (sempre di sinistra) ma, ahimè, nessuna Eco più s'ode.

La left americana ha sostituito il Dipartimento D (dezinformatsija) sovietico, e dobbiamo volgerci a Ovest per poter sentire il Dissenso. Il quale non ha (ancora) bisogno del samizdat ma sforna bestellser come quelli di Meg Meeker, membro dell'American Board of Pediatrics e docente all'American Academy of Pediatrics. Questa signora ha di recente pubblicato un libro il cui titolo è esplicito: Boys Should Be Boys , I ragazzi devono essere ragazzi, uscito in italiano come Boys. 7 segreti per crescere i figli maschi (Ares, pagg. 280, euro 16). Così si presenta: «Non sono una psicologa, un'insegnante e nemmeno una sociologa: sono una pediatra e una madre che ha ascoltato e osservato migliaia di ragazzi». E ha constatato che l'autismo «sta aumentando nei maschi», così come «il deficit di attenzione e iperattività», che «negli ultimi decenni ha avuto un'impennata». Nei maschi, e non nelle femmine. Ancora: «Nella mia pratica medica non ho mai visto così tanti ragazzi combattere con problemi di apprendimento, iperattività, noia e depressione quanti ne ho visti negli ultimi cinque anni» (l'edizione americana è del 2008). La Meeker avverte che «contrariamente ad alcuni psicologi, sociologi ed educatori credo che i problemi che feriscono i ragazzi derivino soprattutto da tre fonti: l'assenza di legami stretti con altri uomini (specialmente con il padre), la mancanza di educazione religiosa e l'eccessiva esposizione a media dannosi, i quali insegnano che i segreti di una vita “alla grande” sono sesso, sesso e ancora sesso, un sacco di soldi e popolarità». Oltre mezzo secolo dopo la «chiamata alle armi» del nostro Semiologo Nazionale, una nuova teoria devirilizzante aleggia sull'Occidente e si insinua nelle scuole di ogni ordine e grado, bersaglio sempre i maschietti: «Chi mai insegnerebbe loro a cacciare, a costruirsi arco e frecce, a rivivere le grandi battaglie della storia?». È vero, Eco insegnava al figlio a giocare a partigiani contro fascisti e per che parte tenere (indovinate) nelle «grandi battaglie della storia». La Meeker parteggia solo per l'umanità, correttamente individuando nella political correctness un pericolo apocalittico. Troppi genitori «non si accorgono di quel che è veramente pericoloso» per il cervello dei loro figli: «la musica commerciale, la televisione e i videogiochi che offuscano la loro sensibilità». Ed ecco i consigli di chi se ne intende (ed è solo buonsenso): «Impara a comprendere quello di cui ha bisogno tuo figlio. Non ha bisogno di un altro videogioco, lui vuole te»; «Ricorda che i ragazzi hanno bisogno di regole, che hanno per natura un codice maschile.

Quindi, se tu non stabilisci delle regole, loro si sentiranno smarriti»; «Impara ad affrontare con tuo figlio le grandi questioni della vita»; «Ricorda sempre che la persona più importante nella vita di tuo figlio sei tu». E così via.

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