Orient Express, il lungo viaggio al termine dell'Europa

Da simbolo dello splendore degli anni Venti a cuore malato del Continente

Orient Express, il lungo viaggio al termine dell'Europa

da Parigi

Sere fa ero a cena sull'Orient Express. Il menu Flèche d'or prevedeva Terrine de Nuit e Perles du Japon come entrées, a seguire Filet de boeuf Jardinière e Choux-Fleurs au gratin, per dessert Crème chocolat. Fiori di giglio e cristalleria di Sèvres sul tavolo, vin d'Anjou bianco e il rosso Chambertin nei bicchieri, una flûte di champagne come aperitivo. Nel wagon-restaurant, dieci tavoli, cinque da due e altrettanti da quattro, c'era una clientela cosmopolita: una bella donna di colore che assomigliava a Josephine Baker, un distinto signore borghese, un diplomatico probabilmente, che assomigliava a Paul Valery, un europeo travestito da ottomano che ricordava lo scrittore francese Pierre Loti. Un Avana e un armagnac, per aiutare la digestione, hanno chiuso la serata, ma ho preferito gustarmeli in pace nella mia carrozza: legni preziosi, acajou di Cuba, moquette spessa, poltrone di velluto color viola con motivi Art déco, pannelli in lacca e vetro, su fondo argento, firmati Lalique. Sono volate così un paio d'ore, poi ho aperto lo sportello e sono sceso nello stesso posto dove prima ero salito….

L'Orient Express è fermo davanti all'Istituto del Mondo Arabo. Puoi visitarlo, ammirarlo e sognare. Il resto della mostra è all'interno del museo ed è un tuffo nel passato fatto di foto, manifesti, proiezioni, dipinti, modellini, libri. C'era una volta l'Orient Express è il titolo (fino al 25 agosto), ovvero mito e nostalgia, elogio della lentezza quando viaggiare era ancora un piacere.

Il suo inventore si chiamava Georges Negelmeckers, un belga, già fondatore della Compagnie Internationale des Wagons-lits. Il viaggio inaugurale, da Parigi a Costantinopoli, avvenne nell'ottobre del 1883 e sei anni dopo la linea era ufficialmente in funzione: tremila chilometri di percorso, quattro giorni il tempo impiegato, dieci i confini attraversati. Negli anni Venti del Novecento, quando il suo gemello, il Taurus Express, si prese in carico il ramo extraeuropeo, diverrà il solo treno al mondo in grado di congiungere tre continenti, Europa, Asia, Africa, e 22 capitali: dal Bosforo a Damasco, in Siria, a Beirut, in Libano, al Cairo, in Egitto… La più romanzesca e la più romantica delle strade ferrate.

Dirà il principe Bibesco che l'Orient Express impiegava quattro ore «ad attraversarlo», alludendo ai suoi possedimenti di Hosbatar, in Romania. In Bulgaria, re Ferdinando acconsentì che il treno percorresse il Paese, a patto di esserne il macchinista. Il re dei treni, sosteneva, doveva avere un monarca come conduttore… Sottili lavorii diplomatici con l'ambasciata di Parigi evitarono che l'esperimento si ripetesse….

Nella scena centrale delle Undicimila verghe, Guillaume Apollinaire ne fa il concentrato degli eccessi, delitti e ogni genere di perversione erotica. L'amore in vagone-letto («il sussulto eccitante dei treni ci infila i desideri sin dentro le reni») sarà alla base della più celebre casa chiusa parigina dell'epoca, l'One Two Two, in rue de Provence, in seguito quartier generale della Gestapo nella Francia occupata. Qui, la «camera Orient Express» disponeva di una stretta cuccetta da scompartimento, luci soffuse, rumore di rotaie in sottofondo. Grazie a un gioco di avvolgibili, premendo un bottone scorreva sul muro-finestrino il paesaggio: campagne, stazioni, laghi…
Nel tempo, le teste coronate, gli uomini d'affari, i diplomatici e gli artisti lasceranno il passo agli avventurieri, e alle avventuriere, le cosiddette Madonne dei vagoni letto, agli esuli e agli esiliati, aristocratici in fuga e agitatori in cerca di rivoluzioni. Dopo la frivolezza degli anni Venti, arrivava l'angoscia e, come scriverà Paul Morand, da treno del piacere l'Orient Express divenne «il rapido della morte, quella dell'Europa. Il soffio della sua locomotiva era il soffio di un cuore alla vigilia dell'infarto». È l'ora anche dei trafficanti, dei ladri, degli assassini, delle spie e dei terroristi, e cinema e letteratura daranno loro il posto d'onore. Vetrine in forma di giganteschi bauli, ricostruiscono nell'esposizione un'epopea itinerante e permettono di riflettere su un secolo di storia tumultuosa, dove un Oriente costruito dall'Occidente si sfalda per poi ricomporsi, si nega e cerca una nuova dimensione.

La guerra fredda, la creazione dello Stato di Israele, la nazionalizzazione del canale di Suez, l'avvento definitivo dell'aeroplano sono le nuove frontiere che l'Orient Express non riesce più ad attraversare. Ciò che rimane sono questi tre vagoni, una carrozza-ristorante e una locomotiva nella spianata antistante l'Institut du Monde Arabe.

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