Cultura e Spettacoli

Il soccorso rosso dei prof che infoibano la Storia

A distanza di oltre settant'anni, quello che è accaduto nella ex Jugoslavia di Tito resta ancora un tabù. Foibe ed esodo, infatti, vengono spesso minimizzati

Il soccorso rosso dei prof che infoibano la Storia

Giovannino Guareschi la chiamava Titizia: si trattava della Jugoslavia di Josep Broz Tito, il regno comunista alle porte d'Italia. Sul Candido, lo scrittore di Brescello annotava i morti italiani che venivano trovati oltre confine e lo faceva sempre nello stesso modo: scoperta una foiba nel luogo X, rinvenuti N cadaveri. Un elenco continuo di cadaveri trovati e di vite spazzate. Nel dopoguerra, era uno dei pochi giornalisti ad avere il coraggio di raccontare le violenze compiute dai comunisti in Italia (nel tristemente noto "Triangolo della morte", in Emilia Romagna) e all'estero.

A distanza di oltre settant'anni, quello che è accaduto in "Titizia" resta ancora un tabù. Foibe ed esodo, infatti, vengono spesso minimizzati, come dimostra il dibattito di questi giorni attorno alle parole dello storico (dell'arte) Tomaso Montanari. Tutto è iniziato il 23 luglio scorso, quando la penna del fatto ha scritto: "La legge del 2004 che istituisce la Giornata del Ricordo (delle Foibe) a ridosso e in evidente opposizione a quella della Memoria (della Shoah) rappresenta il più clamoroso successo di questa falsificazione storica". Il 27 gennaio, come è noto, è il Giorno della Memoria. Fu scelta questa data perché nel 1945 le truppe dell'Armata rossa entrarono ad Auschwitz, liberando i malcapitati lì rinchiusi. Il 10 febbraio, il Giorno del Ricordo, fu scelto perché, nel 1947, furono firmati i trattati di Pace a Parigi con il quale si assegnò l’Istria, il Quarnaro, Zara e una parte del territorio del Friuli Venezia Giulia alla Jugoslavia. Una ferita atroce per gli esuli. La data forse più simbolica delle vicende del confine orientale.

Prosegue poi Montanari: "Lo storico Angelo D'Orsi ha accusato il presidente Mattarella di aver fatto "un grave torto alla conoscenza storica" con il "discorso del 10 febbraio (2020, nda) in cui non si è limitato a rendere onore a quelli che, nella narrazione corrente, ormai sono i 'martiri delle foibe', ma ha usato ancora un'espressione storicamente errata, politicamente pericolosa, moralmente inaccettabile: 'pulizia etnica'. Ella, signor Presidente, è caduto nella trappola della equiparazione del grande, spaventoso crimine, il genocidio della Shoah, con gli avvenimenti al Confine Orientale, tra Italia e Jugoslavia, frail 1941 eil1948, grosso modo"". Ora, non val la pena ricordare l'estrazione politica di D'Orsi, ma sottolineiamo solo che Mattarella non fu il primo a parlare di pulizia etnica. Lo fece anche un presidente, certamente non tacciabile di revisionismo, come Giorgio Napolitano: "Le foibe furono pulizia etnica. E pace per le reazioni inconsulte che vennero da fuori Italia al mio discorso di un anno fa". Questo perché è ormai acclarato che gli uomini di Tito erano mossi principalmente dall'odio contro gli italiani e avevano un unico obiettivo: cancellare la loro presenza in Istria e Dalmazia.

Lo scritto di Montanari ha creato parecchie polemiche, che durano ormai da tre settimane. In questi ultimi giorni, infatti, i professori rossi sono scesi al suo fianco per difenderlo dai presunti attacchi della destra. Il primo a farlo è stato Alessandro Barbero, noto per esser un fiero comunista. Oggi sulla Stampa, invece, è stata la volta di Giovanni De Luna, che ha difeso la tesi di Montanari, sostenendo che chi volle istituire il Giorno del Ricordo lo fece per partito preso e non con testi e documenti storici alla mano. Una balla, come ha affermato oggi il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri: "Dietro dotte dissertazioni emerge con chiarezza un riflesso condizionato. Per alcuni, a sinistra, le tragedie causate dal comunismo vanno almeno ridimensionate quando non le si possono del tutto occultare. Sgomenta questa condotta faziosa e intollerante, sbalordisce poi che sia condivisa da organi di informazione importanti. Questa campagna negazionista la dice lunga sul ritardo civile e morale di alcuni pezzi di sinistra. Il delunismo è una degenerazione senile del comunismo. Si vorrebbe 'infoibarè la storia, dando respiro alla parte sbagliata. L'articolessa di De Luna è un nuovo esempio di questa malsana tentazione, che va respinta in nome della verità. Il negazionismo sarà sconfitto nel dibattito e con le iniziative istituzionali e culturali. E per quanto mi riguarda anche in tribunale dove ho portato un editore come Laterza". Negli anni, le Associazioni di esuli e gli storici più obiettivi hanno sempre fornito le prove dei crimini titini. Ma spesso, proprio coloro che per mestiere dovrebbero conservare la memoria, se ne dimenticano. E, soprattutto, si ostinano a guardare altrove pur di non ammettere la verità: che le foibe furono una vera e propria pulizia etnica.

Come insegna il "magistero" dei presidenti della Repubblica.

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