Lo studioso apprezza la mini-recensione: «In certi casi un aggettivo è sufficiente»

Molti lettori sono stufi di chiacchiere da tromboni

Lo studioso apprezza la mini-recensione: «In certi casi un aggettivo è sufficiente»

Il critico letterario Filippo La Porta è in uscita con Un’idea dell’Italia, per Aragno: una raccolta di 150 recensioni scritte in quasi un decennio.
La Porta, oggi la critica letteraria si risolve con un tweet.
«Sommessamente, potrei essere d’accordo. È vero che la critica sui social network è esclamativa e non ha nessuna delle conditio sine qua non che per me fanno una vera recensione: prosodia interna, riassunto della trama, citazioni dal corpo vivo del testo, giudizio netto, afflato argomentativo e persuasivo, consapevolezza dell’uditorio, piccolo o grande che sia».
Solo che?
«Solo che non sempre si ha voglia di argomentare. Ci sono momenti e luoghi dell’esistenza dove un aggettivo può bastare. Senza che analisi e giudizio estemporaneo vadano in conflitto. Francesco Longo scrive articoli notevoli sul blog di minimum fax, ma è anche capace di risolvere un giudizio in due frasi, in 160 caratteri».
Ha sentito questo boato? La scuola di Francoforte è appena crollata.
«Eppure bisogna dirlo: c’è stanchezza per quella che George Steiner chiamava cultura parassitaria. Altro nome per chiacchiera culturale. Per questo c’è bisogno di meritocrazia forte nella critica letteraria. E su Facebook sta già accadendo».
In che modo, scusi?
«Se pubblico una mia nota scritta apposta per Facebook pochi la leggono. Se condivido un articolo che ho pubblicato il giorno prima su un quotidiano, è molto più letto. Paradossi della democrazia del web. Puoi pubblicare di tutto in libertà, ma le persone hanno più interesse a leggere quello che è già stato vagliato da altri, nello specifico una redazione culturale. Forse perché c’è poco tempo».
E bisogno di autorità.
«Sì, ma tengo a precisare che la critica non dimostra niente.

Non è matematica, non è ragione dimostrativa, come diceva Chaim Perelman. La recensione è come l’arringa in un processo, il discorso di un politico: cerca buone ragioni per convincere qualcuno. Può farlo anche su Facebook. Se il critico è davvero bravo, anche su Twitter».

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