Cultura e Spettacoli

"Il successo è sacrificio. Io che sono greco lo so"

Il più grande violinista ellenico ragiona di musica e della crisi che attanaglia il suo Paese La soluzione è una: "Lavorare sodo e cercare l'eccellenza"

"Il successo è sacrificio. Io che sono greco lo so"

«Camminate sulle cime di Verbier? Per la verità, in vetta ci vado già con la musica. Quando vengo al Festival di Verbier, profitto per stare con i miei colleghi musicisti e seguire i loro concerti. No trekking». Parola di Leonidas Kavakos, fra gli artisti top di questo Festival che ogni estate richiama sulle Alpi svizzere fuoriclasse come Gergiev, Salonen, Maisky, Mehta, Trifonov... Kavakos, di Atene, classe 1967, è il violinista numero uno della sua generazione: tecnica di ferro ma non esibita, suono pulito e terso, testa brillante e temperamento di fuoco. Per il Giornale rilascia la sua prima intervista dedicata al disastro greco.

È molto legato alla Grecia, risiede ad Atene. Come vive, dunque, quanto sta accadendo nel Suo Paese?

«Sono furioso. Questo è il peggior governo che la Grecia abbia avuto negli ultimi decenni. Si parte dalla campagna elettorale: una montagna di bugie, si è promesso di tutto».

In buona o malafede?

«Non so se siano stati stupidi credendo di realizzare promesse impossibili. Oppure siano degli ignoranti che neppure sanno cosa hanno promesso. O forse sono dei ladri, hanno rubato voti con false promesse».

L'Europa, in ogni caso, è troppo aspra con voi?

«Il problema è nostro, non diamo la colpa ai Governi del Nord. Esempio. Se io fumo e so che questo può provocare un cancro, se mi ammalo non è colpa del fumo, l'errore semmai è mio. Lo stesso vale per la Grecia: gli errori li ha fatti il governo e la società greca che hanno coltivato sogni impossibili. Come fai a chiedere a un popolo di risolvere una situazione senza fare sacrifici? E poi, il problema non è di natura finanziaria, ma etica».

In che senso?

«Prima le generazioni avevano un basso tasso di scolarizzazione. Negli ultimi 25 anni l'accesso all'educazione è stato risolto, però sono state forgiate generazioni orientate esclusivamente al successo finanziario, si è creato il mito del successo facile».

E da musicista lei appura quotidianamente che dietro a un successo ci sono anni di lavoro...

«Queste sono le regole dell'universo. I rami nascono dai tronchi che a loro volta sono conficcati nella terra con le radici. È necessaria una base solida in tutto».

Parla come un tedesco...

«Infatti non sono critico con la Germania. Per risolvere i problemi bisogna guardare dentro e non fuori. Fermo restando che la struttura dell'Europa è in crisi».

Lei non è europeista?

«Non lo sono quando si dice che tutti i Paesi devono essere uguali. Abbiamo lingue, culture, paesaggi diversi. La questione deve essere impostata sull'equilibrio».

La Grecia deve pagare?

«Certo. Abbiamo mutui e debiti. Li avete voi, e pure gli Usa. Siamo tutti indebitati, e tutti dobbiamo pagare».

Lei è fra i numeri uno del settore, dunque sacrifici e rinunce, confronti continui. Cosa le sta insegnando tutto questo?

«Che il rischio è il sale della vita, la rende intrigante e piena di fascino. L'esistenza è come queste montagne di Verbier: cime e fondi valle. Ci sono momenti brillanti, e fasi faticose. Da musicista indipendente, rischio quotidianamente come un imprenditore. E per questo mi chiedo: mi guadagno la vita con ogni nota, lavoro sodo, perché devo pagare il salario delle persone che il mio Stato assume in modo spropositato? Pare di essere nell'epoca sovietica. La Grecia ha un'economia di tipo sovietico: non produce nulla e vuole tutto».

Bisogna ripartire da un cambio di atteggiamento, di teste, di approccio etico: lei dice. La qualità della Cultura e Istruzione del Suo Paese la confortano?

«Semmai affossano le mie speranze. Il nostro Ministro dell'Istruzione ha bocciato le scuole di eccellenza: dice che creano disuguaglianze e scompensi psicologici in chi non vi può accedere. Quando non solo non premi, ma addirittura neghi l'eccellenza, candidi il tuo Paese alla morte. Il mio e il suo Paese sono il midollo del sapere universale. Tutto è nato da noi. Ora, però, quanto contiamo nel mondo?»

Si parlava di sacrifici. Cosa ricorda dei primi anni di studio, la fase dell' enfant prodige?

«La fatica di tirar fuori un suono decente dallo strumento. Problema comune a chi studia uno strumento ad arco dove il suono va creato da zero».

Cosa rappresenta, oggi, la musica per Lei? La parte migliore della Sua vita?

«Più semplicemente, la mia vita»

Commenti