Storia d'assalto

"Tornate a casa per il Natale". ​La storia dell'angelo di Brema

Sebbene incombesse sul mondo la guerra totale, due piloti nemici festeggiarano il Natale del 1943 con la consapevolezza che c'era ancora del buono negli uomini

"Tornate a casa per il Natale". ​La storia dell'angelo di Brema

Al pelo degli alberi una famigerata Fortezza volante, sola e senza un motore, dopo una picchiata disperata cerca di riprendere l’assetto e fuggire verso la salvezza.

La fusoliera, le ali, gli impennaggi, mostrano i fili di ferro che animano i timoni, sono completamente crivellati dai colpi dei caccia e della contraerea tedesca, la flak. Sul muso del velivolo, un B-17 dell'Ottava forza aerea americana, c'è scritto ”Ye Olde Pub”, è il nomignolo che gli è stato dato dal tenente Charles "Charlie" Brown (proprio come i bambino del noto fumetto): il comandante che già al decollo, sapeva non sarebbe stata una passeggiata quel giorno. La formazione della quale fa parte, il 379th Bomber Group, ha ricevuto l’ordine di colpire Brema, e lui dovrà occupare la posizione all’estrema destra di quello schieramento volante, il cosiddetto "Purple Heart Corner": quello dove chi sopravvive, di solito, finisce col guadagnarsi una medaglia. Quella che si appuntava al petto dei feriti che possono raccontarlo.

Appena la formazione arriva in prossimità dei propri obiettivi, la contraerea la accoglie con un intenso fuoco di sbarramento; e uno sciame di caccia tedeschi gli piomba addosso. Il primo ad essere colpito è proprio l'angolo per i cuori di porpora. In pochi istanti il bombardiere americano, che intorno a se trova solo raffiche e fiammate, e intense scie nere dei velivoli amici che precipitano senza più controllo, è praticamente diventato un colabrodo voltante. Dei cinque mitraglieri, tre sono gravemente feriti, uno, quello che è piazzato nella torretta di coda, è morto. Il colpo di cannoncino gli ha staccato la testa di netto. La formazione è rotta, ognuno va per se, con il suo carico di bombe e la sua dose di fortuna. Chi ne aveva ancora da spendere - perché in battaglia, di fortuna si tratta, il più delle volte.

Senza mitraglieri, senza una formazione compatta, che può usare la tattica di combattimento della "scatola" per difendersi dai blitz dei caccia avversari, un B-17 così danneggiato è solo un grosso e lento pezzo di ferraglia voltante. Con l'apparato radio andato, con l'impianto idraulico mal funzionante, con un motore in meno sul quale contare, e l'impianto che rifornisce le maschere d'ossigeno che funzione a momenti. "Ye Olde Pub" deve sganciarsi e fare dietrofront, il prima possibile, per volare fuori dai guai.

Anche Brown è rimasto gravemente ferito, e mentre il suo secondo pilota va avanti e indietro per l'aereo, a distribuire morfina quasi congelata al resto equipaggio, inverte la rotta bruscamente; subito dopo ha un mancamento per assenza di ossigeno, e l'aereo va giù. Sembra aver perso il controllo. I due piloti lo riprenderanno per soffio, quando è quasi a un pelo da terra: sarà stato anche per questo che i caccia nemici lo hanno lasciato perdere; devono averlo dato per spacciato, e sono andati a caccia di altri bombardieri.

Charlie Brown respira a fatica quando riprende conoscenza. Le eliche toccano quasi le punte degli alberi innevati mentre lui si è ritrovato a volare solo sopra la Germania. Appena recupera la lucidità, cerca di riprendere quota, ma si accorge immediatamente che ad attenderlo c'è uno di quei caccia tedeschi. È un BF-109. Ha il muso bianco e un numero due giallo sul fianco. Ai suoi comandi c’è un asso con oltre venti aerei nemici abbattuti e confermati. Si chiama Stigler, Franz Stigler, anche lui è tenente ed è a caccia di medaglie. Gli si mette in coda, e aspetta che le mitragliate della della fortezza volante lo investano mentre lui tenterà di piazzare qualche raffica ben mirata per dargli il colpo di grazia. Per reclamare l'ennesima vittoria. Per abbattere uno di quei grossi "portatori di morte" che ormai, da più di un anno, bombardano la Germania. Non distruggendo solo fabbriche e ferrovie: a volte case, a volte quartieri interi, a volte intere città. Attende, ma non succede nulla. Allora si avvicina, e scopre la reale entità dei danni subiti dal gigante ferito: c’era uno squarcio talmente grosso da poterci guardare dentro, da vedere il sangue dell'equipaggio. Quell'aereo volava davvero appeso a un filo.

Avrebbe potuto premere il grilletto sulla cloche, avrebbe potuto; ma preferì stringere il rosario che teneva sempre nel giubbotto da volo. Ed facile capire il motivo: viveva secondo un codice d'onore che apparteneva ai suoi antenati, cavalieri teutonici, tramandato da secoli, di generazione in generazione. Aveva studiato per diventare prete, prima della guerra; e inoltre ricordava le parole di uno dei suoi superiori durante la campagna d'Africa: diceva, "Se mai vi vedrò sparare a un pilota che si è lanciato con il paracadute o che è inerme a terra, vi ammazzerò io". Quello era il codice dei cavalieri dell'aria.

Quando Stigler gli si affianca, tentando di indicargli la rotta da seguire a gesti, Brown quasi non riesce a credere ai suoi occhi. Forse sta sognando. Volano insieme, fianco a fianco per un bel pezzo. Ormai sono arrivati sul Mare del Nord, e Stigler capisce che lì, in mare aperto, è lui che inizia a rischiare: potrebbe sempre imbattersi in una squadriglia di caccia alleati che sta rientrando da fare scorta ad altri bombardieri, o a qualche convoglio. Si scorge l’Inghilterra all'orizzonte. Così si affianca per l’ultima volta alla cabina del bombardiere,Ye Olde Pub, che poi sembrerebbe voler significare "una cosa che esiste dai tempi del Medioevo", cerca lo sguardo del pilota, gli fa un cenno, come a dire “addio e una buona fortuna”. Poi sparisce con una rapida virata. Lasciandolo al suo destino.

Brown farà ritorno alla base di Seething, da dove era decollato. Senza sapere se ciò che era accaduto, era la verità, o forse il frutto dello shock e della sua immaginazione. Il suo equipaggio sopravvivrà a quel giorno di dicembre del 1943. Molti metteranno su famiglia, tornati in patria. Durante e dopo la guerra, nessuno dei due piloti però, farà mai parola dell’accaduto. Stigler per aver salvato un bombardiere nemico avrebbe rischiato di finire davanti alla corte marziale. A Brown invece, fu ordinato di mantenere il segreto affinché non si diffondessero i dettagli di quella strana storia, e i piloti alleati non confidassero nella pietà dei loro avversari. Che era merce rara.

Negli anni a seguire, Brown pensò spesso a ciò che ricordava di quel giorno, domandandosi se fosse solo un’allucinazione dovuta alla mancanza dell’ossigeno. Forse quel caccia tedesco che lo aveva scortato fino ad un luogo sicuro era esistito davvero, o forse era solo un sogno che aveva fatto mentre era svenuto. Lo pensò a lungo. Per quasi quarant'anni. Poi nel 1986, decise di darsi una risposta una volta per tutte. Dunque di cercare chi potesse essere il misterioso pilota che portava il 2 giallo sul fianco del suo caccia nel 1943. Iniziò a fare delle ricerche con l'aiuto di alcuni giornalisti e appassionati, su internet, nelle associazioni dei reduci, finché non un bel giorno ricevette una lettera dal pilota che forse, nel suo sogno o nella realtà, gli aveva reso salva la vita. Diceva semplicemente: “Sono stato io, e mi sono a lungo domandato se quel B-17 fosse tornato a casa”. L'angelo di Brema, così lo avrebbero soprannominato, era Stigler. Nel 1990 i due si incontrarono, e rimasero amici fin quando la morte li trovò, uno a pochi mesi dall’altro, diciotto anni dopo. Avevano 87 e 92 anni. Dopo la morte di Charlie, Franz gli dedicò un pensiero d'addio struggente. Che in parte poteva spiegare la misericordia di quel giorno.

"In 1940, I lost my only brother as a night fighter. On the 20th of December, 4 days before Christmas, I had the chance to save a B-17 from her destruction, a plane so badly damaged it was a wonder that she was still flying.
The pilot, Charlie Brown, is for me, as precious as my brother was.
Thanks Charlie.

Your Brother,
Franz “

Se qualcuno si stesse ancora interrogando sul significato della parola cavalleria, forse può trovarlo nella condotta di Franz Stigler. Così come il colonnello Brown, poi veterano del Vietnam, trovò la risposta a quella sua fatidica domanda. A quanto pare era tutto vero. Non si trattava né di un sogno, né di un'allucinazione: i cavalieri esistevano ancora. Non avevano più armature scintillanti o cavalli bardati. Ma volavano come gli angeli. Erano cavalieri alati; che nascosti dietro il vetro blindato di un BF-109, sussurravano qualcosa in una lingua che uno yankee non poteva comprendere, dicevano: "Torna a casa!".

Torna a casa per natale Charlie Brown.

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