Il tramonto rosso sangue di una "Iena" borghese

In Odessa Star di Herman Koch la deriva criminale di un cinquantenne sopportato in famiglia e annoiato dalla vita

Il tramonto rosso sangue di una "Iena" borghese

Se uno non si sopporta, è decisamente avvantaggiato nel non sopportare tutti gli altri. Ci si rotola come un maiale nel fango, nella propria noia di vivere, la gusta persino, come una sigaretta dopo una birra ghiacciata. E se non sa che farsene della propria vita, non sa che farsene nemmeno di quelle altrui, vorrebbe buttarle nei bidoni della spazzatura che sogna una notte sì e l'altra pure.

«Quando il cielo basso e greve pesa come un coperchio/ sullo spirito che geme in preda alle lunghe noie/ e, dell'orizzonte abbracciando l'intero arco, su noi/ versa una nera luce più triste delle notti \», scrive Baudelaire in Spleen. E pare quasi, il tormentato poeta, un gaudente colpito da passeggera depressione se messo a confronto con Fred Moorman, il cinquantenne olandese mediamente borghese che Herman Koch, sessantenne olandese mediamente borghese, ci presenta in Odessa Star (Neri Pozza, pagg. 317, euro 17, traduzione del fedele Giorgio Testa). Dieci anni fa, quando il romanzo uscì in patria, una patria che evidentemente né Herman né Fred amano molto, Herman era coetaneo di Fred. E il particolare suona bene, leggendo oggi in italiano questa storia di ordinarissima follia dopo aver letto, dell'ottimo scrittore e sceneggiatore e attore, La cena e Villetta con piscina che, volendo, possono comporre una trilogia dei disamori parentali.

Anche qui abbiamo un padre di famiglia, dopo Paul e Marc, ecco appunto Fred, il peggior fico uscito dal bigoncio di Koch. Peggiore quanto a moralità e a senso civico, dentro e fuori le mura domestiche. Alla moglie Christine non fa più né caldo né freddo, il figlio quattordicenne David si vergogna della sua mediocrità, il cognato, i suoceri, gli amici/conoscenti, a partire da Erik Mencken, la star televisiva del Milionario della settimana, ne registrano l'inettitudine. E lui, per ritrovare lo sprint che possa cancellare con un colpo di spugna lo spleen aleggiante come nebbiolina dai canali della sua Amsterdam, deve aggrapparsi, maniacalmente, a un vecchio compagno di scuola, Max, che ha fatto carriera, sì, ma nell'universo del crimine e se ne va sempre in giro con una specie di guardia del corpo, Richard.

Max è, mutatis mutandis, ovvero cambiate le mutande sporche al mondo un secolo dopo il capolavoro di Thomas Mann, il Doctor Faustus di Fred come il Diavolo in persona lo fu di Adrian Leverkühn: risolve problemi, ma l'unico modo per pagarlo è cedergli l'anima. Un altro che risolve problemi, nella mitologia tanto cara a Fred, è un personaggio del circo tarantiniano, il signor Wolf: «Sono il signor Wolf, risolvo problemi», diceva in Pulp Fiction... Il bello, nel senso del brutto, è che le infantili e maligne aspettative di Fred, come per magia trovano soddisfazione proprio grazie all'associazione per delinquere della ditta Max-Richard. Autoesiliatosi dalla società civile pur mantenendone formalmente l'habitus stropicciato fatto di feste di compleanno, vacanze al sole delle Baleari, visite di cortesia, il protagonista e voce narrante ritiene che «il mondo non va in rovina per gli omicidi e le violenze ma per la credulità»: meglio il male, dunque, della mediocrità, meglio un bel funerale che un brutto processo.

Trent'anni dopo essersi conosciuti e a modo loro apprezzati fra i banchi del liceo, il debole e il forte si reincontrano per caso al cinema, e quando il forte spacca la faccia a un marocchino sorpreso nel tentativo di rubare la borsa a sua moglie, negli occhi del debole si accende la miccia dell'ammirazione. Quella miccia determinerà, fra le pagine maledette di Koch, una sorda esplosione di delitti. Le Iene olandesi ne hanno per tutti, dai gabbiani alle vicine di casa che puzzano di minestra rancida, al loro ex professore di francese ingrigitosi nel tramonto della pensione. L'angelo sterminatore colpisce a ripetizione bersagli indifesi. Chissà che cosa gli accadrà quando anch'egli dovrà assaggiare il piatto meno crudo e più speziato dell'abbuffata, cioè una truffa in prima serata per portare a casa dieci milioni con la complicità del Gerry Scotti locale?

Dramma e giallo, noir e poliziesco, commedia e discesa agli inferi che ci riporta alle atmosfere di certo Ottocento francese firmate Maupassant e Huysmans, Odessa Star è un romanzo di genere senza genere, una narrazione tesa, composta da schegge temporali centrifugate che alla fine, ricomposte dall'abilità dell'autore, creano una vetrata

di gusto neo-gotico contemporaneo. Le uova fatali cucinate alla Koch sono velenose e assurde come quelle di cui scriveva Bulgakov e vengono covate dalla chioccia del rancore. Che non risparmia né le vittime né i carnefici.

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