Controcultura

Tutto il pianeta è "contenuto" nella stessa Rete. Ma la vicinanza moltiplica le opportunità di conflitto

Il saggio di Mark Leonard, aggiornato alla luce della guerra in Ucraina, illustra le cause del nuovo (dis)ordine mondiale. Ma anche il modo in cui l’interdipendenza potrebbe limitare la catastrofe

Tutto il pianeta è "contenuto" nella stessa Rete. Ma la vicinanza moltiplica le opportunità di conflitto

Cattive notizie. Mettiamole in fila. La storia non è finita. Il liberalismo non ha affatto trionfato. La globalizzazione e le telecomunicazioni hanno reso «piccolo» e interdipendente il mondo. I nuovi legami possono essere occasioni di incontro ma più spesso moltiplicano le occasioni di scontro, culturale e politico. I leader globali, negli ultimi trent'anni, hanno cercato di integrare l'economia mondiale, i trasporti e le comunicazioni. Erano convinti fosse il modo migliore per mantenere la pace. Dall'inizio del millennio a oggi, sono stati costruiti 64 milioni di chilometri d'autostrada, 2 milioni di chilometri di gasdotti, oltre un milione di chilometri di ferrovie e 750mila chilometri di cavi sotto la superficie del mare. All'inizio del millennio, 16 milioni di persone erano collegate alla Rete. Alla fine del 2022 saranno quasi sei miliardi. Ogni giorno, un miliardo e mezzo di persone apre Facebook.


Il XXI secolo ha sfoggiato subito modi caratteristici di fare la guerra a bassa ma perpetua intensità: il terrorismo internazionale, il controllo dei flussi migratori, i cyber-attacchi, il taglio della energia, le sanzioni economiche, l'influenza sulle elezioni altrui, la manipolazione dei media. Tutti mezzi favoriti dalla integrazione globale, che in teoria avrebbe dovuto ridurre i conflitti. C'è di peggio. L'invasione russa dell'Ucraina testimonia che la «vecchia» guerra non è stata sostituita ma integrata da tutto il resto. Putin si rifiuta di pronunciare la parola «guerra» e parla di «operazione speciale». Naturalmente è tutta propaganda ma, senza volerlo, il presidente russo coglie un punto importante. Il conflitto ucraino non si concluderà con la pace, ma proseguirà forse altrove e con altri mezzi. La distinzione stessa tra guerra e pace rischia di cessare: saremo sempre in lotta più o meno aperta contro qualcuno. Oggi Tolstoj non potrebbe scrivere Guerra e pace. Dal mondo globale, che avrebbe dovuto essere unito, sono emerse in realtà tre super potenze: Usa, Cina e Russia in competizione per avere zone di controllo sempre più ampie. La geopolitica è la scienza chiave del futuro e non un affare da sociologi. Dovrebbe influenzare le nostre idee e anche il nostro voto.
Queste sono le tesi del saggio The Age of Unpeace. How Connectivity Causes Conflict di Mark Leonard («L'epoca senza pace. Come la connessione causa i conflitti», edito da Penguin, pagg. 230, euro 13,60). Uscito, con grande successo, nel 2021, il libro è stato ora aggiornato con un lungo capitolo dedicato alla guerra in Ucraina. L'autore è direttore e fondatore dell'European Council on Foreign Relations, un centro studi e una lobby dove si incontrano circa 300 leader europei. Il convincente quadro di Leonard erode una solida convinzione del liberalismo, ovvero che la pace convenga economicamente a tutti e dunque che laddove transitano le merci non transitino i carri armati. Utopia. Ancora una volta, purtroppo, il liberalismo classico appare legato a un mondo che non esiste più, forse lontano nel tempo, addirittura anteriore alle guerre mondiali del XX secolo. Dobbiamo riconsiderare la portata ideologica del liberalismo che pensiamo invece ispirato al realismo del mercato. No. È una utopia, la migliore, se vogliamo.


Il punto di partenza di Leonard è una osservazione spicciola ma centrata. La Rete ci ha avvicinati. I social network moltiplicano la possibilità di rintracciare parenti perduti in Argentina, ma anche la possibilità di passare le giornate a litigare con perfetti sconosciuti. Chi non ha ceduto, almeno una volta, alla tentazione di fare il «leone da tastiera»? Quanta gente, che reputavamo normale, passa ormai ventiquattro ore al giorno a vergare commenti sprezzanti, perfino sui profili altrui? Leonard la mette giù così: più vicini, più violenti. Ogni via commerciale e ogni tecnologia hanno dunque un duplice aspetto: riducono le distanze ma rischiano di rendere il mondo più pericoloso. Non parliamo solo di conflitti. Anche le crisi finanziarie dilagano, e sappiamo bene come un virus possa viaggiare comodamente da una parte all'altra del pianeta. Non parliamo neppure soltanto di disgrazie. La globalizzazione, tutto sommato, ha anche avuto effetti decisamente positivi: le guerre tradizionali e l'estrema povertà sono calate. L'aspettativa di vita si è innalzata quasi ovunque. Miliardi di persone sono uscite dall'analfabetismo. Dunque stiamo anche parlando di opportunità. E di sfide completamente nuove. Oggi abbiamo colossi digitali dalla natura incerta: sono «normali» multinazionali o sono un nuovo tipo di Stato? Domani dovremo confrontarci con le Intelligenze artificiali, e tutto cambierà ancora una volta.


Passando a un piano storico e politico, Leonard nota che l'Ucraina è la tempesta perfetta per illustrare il contenuto del suo libro. L'Ucraina infatti è da sempre terra contesa, zona di confine, punto di passaggio, interfaccia tra Oriente e Occidente, tra la grande madre Russia e l'Europa. Prima del conflitto aperto, ha sperimentato (nel 2004, 2014 e 2022) crisi di sistema interne, ma comunque indotte dalla sua doppia vocazione: europea e russa. La sua economia si regge(va) sulle infrastrutture, in particolare sugli enormi gasdotti che la attraversano.


La guerra ha inoltre mostrato che esistono vari tipi di interdipendenza. Quelli sbilanciati non vanno bene. Dipendere, dal punto di vista energetico, da un solo Paese, la Russia, non aumenta la connessione se non in modo illusorio. Al contrario, fornisce una possibile arma all'ex amico divenuto nemico. Forse l'interdipendenza limiterà la catastrofe dopo averla scatenata.

Distruggere tutto, perfino l'avversario dichiarato, non conviene più a nessuno, ma è una magra consolazione.

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