di Nicola Crocetti
Di qui appare allo sguardo nel suo incanto
Lo spazio tanto vasto che è già mare.
Mare di alture fino a un orizzonte
Marino. Si comprende l'infinito,
Infinito che qui si appoggia e pesa.
Quest'ermo colle, per lui tanto caro,
Questo borgo natìo dove una torre
Sarà per sempre la torre del passero,
Solitario come lo fu il poeta:
Così cantò fino al morir del giorno.
E s'apre qui sotto il paterno ostello
La piazzuola che accoglie
Lieto rumore le sere di sabato.
La città tutta è solo un monumento.
Fra il sole e la ginestra si consuma
La gloria che sognarono i poeti.
Traduzione di Margherita Guidacci
Tradurre versi, per un poeta, è un atto di affinamento della propria poesia, oltre che un implicito riconoscimento di stima nei confronti di chi si traduce. Ce lo ricorda un volumetto del poeta castigliano Jorge Guillén, Amici così, per grazia di lettura, appena uscito da Donzelli, con una traduzione corale opera di alcuni grandi nomi della poesia italiana: Montale, Luzi, Zanzotto, Bigongiari, Nelo Risi, Leone Traverso e Margherita Guidacci. Esponente della Generazione del '27 e fautore della poesia pura («chimicamente semplice», lui la definisce), Guillén nasce nel 1893 a Valladolid, in Castiglia, e muore a 91 anni a Málaga. Una vita lunga e produttiva, scandita da cinque raccolte di poesia, delle quali Cántico è la maggiore. Dopo aver studiato in Svizzera e a Madrid, dal 1917 al 1923 è lettore alla Sorbona, poi a Oxford, e infine docente a Siviglia. Amico fraterno di Salinas e García Lorca, allo scoppio della guerra civile sceglie come molti altri intellettuali spagnoli l'esilio in Nord America.
Malgrado il frastuono della guerra, della volgarità e della morte che lo circonda, quella di Guillén è poesia dell'armonia, ricca di immagini diamantine e improntata a una costante e appassionata ricerca di luce, di affermazione dell'essere, di abbandono alla perfezione dell'istante. Tutto, per lui, conferma l'ordine e la perfezione del cosmo. E se la storia distrugge e ricostruisce, la vita travolge, perché «la vita è più feroce di tutta la morte».
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