«La composizione dell'aria, della nostra acqua potabile e di quella marina è un segreto di stato (...). I dati sono deliberatamente distorti ed abbelliti (...) Il governo non vuol sentir parlare di cattive notizie sulla natura. Se vogliamo sopravvivere dobbiamo conoscere la verità e raccontarla». Nel 1979 lo scienziato naturalista russo Ze'ev Wolfson denunciava con queste coraggiose parole «la distruzione della natura nell'Unione Sovietica», in nome delle manie di grandezza del socialismo reale. Lo faceva di nascosto inviando in Occidente su microfilm, come in una trama di spionaggio, Il rosso e il verde, il primo libro sui disastri ambientali in Urss scritto da oltre la cortina di ferro. Wolfson si firmò con lo pseudonimo Boris Komarov e il volume non solo venne pubblicato in sette lingue, ma tornò in patria circolando nella rete di pubblicazioni clandestine dei Samizdat. Nemmeno sua moglie sapeva, prima di emigrare in Israele negli anni '80, del libro denuncia di Wolfson. E tantomeno il Kgb, il servizio segreto sovietico, che lo controllava in quanto ebreo. «Se lo avesse scoperto sarebbe finito in un gulag o non lo avrebbero mai lasciato partire per Israele dove sono nato» racconta al Giornale il figlio Joe. Con la madre Ilona è venuto a ritirare a San Polo di Piave, in provincia di Treviso, il riconoscimento al coraggio di Wolfson, scomparso nel 2009.
Trent'anni fa esordì la prima edizione del premio letterario Gambrinus dedicato a Giuseppe Mazzotti appassionato di letteratura di montagna, alpinismo, esplorazione, ecologismo ed innamorato del suo Triveneto. Una giuria composta tra gli altri da Piero Angela, Walter Bonatti e Folco Quilici premiò, con una scelta non facile negli anni dell'impero sovietico, Il rosso e il verde dell'anonimo Boris Komarov. Nessuno sapeva si trattasse del biogeografo russo Ze'ev Wolfson. Per lungo tempo la vera identità dell'autore restò un mistero. Trent'anni dopo, nel cuore del Veneto si è voluto rendere onore all'autore.
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