SantAlbano Stura (Cuneo)Poco più che quarantenne, due lauree, insegnante, sposata e mamma di due vivaci adolescenti. E tutti le chiedono se è capace a firmare.
«È vero, questa è la preoccupazione più grande dei miei concittadini. Si informano anche se sono in grado di utilizzare il telefono cellulare e il computer». Risponde con il solito sorriso sulle labbra Donatella Operti, la donna che in un attimo ha mandato in frantumi le tradizioni del suo paese per essere la prima candidata in gonnella alla carica di sindaco a SantAlbano Stura - 2mila e 300 anime in provincia di Cuneo - e smentito il luogo comune che vuole le persone non vedenti come lei, escluse da quella che noi definiamo «una vita normale».
Dottoressa Operti ma prendere la vita con più tranquillità non le è mai venuto in mente?
«Perché, scusi? Non ci vedo ma sono una donna che lavora e manda avanti una famiglia. Posso avere qualche problema in più ma in fondo ognuno di noi ha le proprie difficoltà, che supera con laiuto degli altri. Basta volerlo e io fin da piccola non mi sono arresa al mio destino».
Lei ha perso la vista a dieci anni, qual è stata la difficoltà più grande che ha dovuto affrontare?
«La stessa che affronto ogni giorno: la paura che sento negli altri per la mia diversità e che li porta ad escludermi. Quando ero piccola, oltre alla sofferenza fisica per aver subito una ventina di interventi chirurgici e a quella psicologica per la consapevolezza che non avrei più visto il mondo con i miei occhi, non sopportavo che gli amichetti di sempre mi mettessero da parte. Non mi volevano perché non potevo più correre o fare altri giochi».
Oggi le cose saranno cambiate. È una donna realizzata: ha una famiglia, un bel lavoro e adesso la candidatura a sindaco.
«So di essere ancora considerata una diversa anche dai miei concittadini, che pure mi conoscono da sempre. Durante un incontro elettorale una persona mi ha detto: fosse per te, per come sei, avresti il 90 per cento dei voti ma con il problema che hai è difficile votarti».
Non immagino la risposta.
«Semplice, ho fatto notare che se a dieci anni non avessi perso la vista per un virus che mi ha intaccato la retina, oggi non sarei così. Tranquillizzo sempre i miei potenziali elettori sulla validità della mia firma e sulla possibilità di utilizzare opzioni vocali di telefoni e computer».
Scegliendo di candidarsi a sindaco, immaginava di scatenare simili perplessità?
«Sì, ma ho il sostegno della mia famiglia e di tanti amici. È unaltra sfida che affronto con grande senso di responsabilità e serenità. Dopo una laurea in Scienze Politiche ho pensato di avere unesperienza concreta, ed ecco qui».
Ha proprio un bel caratterino, è stata la malattia a renderla così forte?
«Sicuramente.
La sua vittoria più bella?
«Diventare mamma. Non perché sono cieca, ma perché sono una donna».
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