Controcultura

Il cuore dell'Europa è sul fondo del "Lago"

La poetessa e scrittrice Kapka Kassabova è nata a Sofia, in Bulgaria, nel 1973. Si è poi trasferita in Nuova Zelanda e ora vive nelle Highlands scozzesi. "Il lago" è un viaggio nella terra dei suoi antenati

Scriveva Rebecca West che in Macedonia il culto della natura è «la religione fondamentale, con una particolare predilezione per l'acqua». Ed è l'acqua, quella profonda, immensa e ancestrale di due laghi gemelli, Ocrida e Prespa, ad attirare Kapka Kassabova nel Paese natìo della nonna, Anastassia. Ai tempi della Repubblica Popolare Federale di Jugoslavia, la nonna fuggì nella Repubblica Popolare di Bulgaria. Da Skopje a Sofia. Mentre la madre di Kapka scappò dalla Bulgaria comunista alla Nuova Zelanda, con le due figlie (entrambe tornate in Europa: Kapka nelle Highlands scozzesi, la sorella in Svizzera). Ma Anastassia, intelligente e sensuale («la zingara più bella» la definiva uno dei suoi molti corteggiatori) non si era mai allontanata dalle sponde del suo lago. E Il lago si intitola questo viaggio di Kapka Kassabova (Crocetti editore), che è un «Ritorno nei Balcani in pace e in guerra» - perché «i Balcani siamo noi» diceva Anastassia - ma, si potrebbe dire, soprattutto nei Balcani come terra, un luogo che emana tradizioni, riti, leggende, religiosità, storia, ricordi che mai hanno lasciato questo suolo dove si sono avvicendate battaglie, sofferenze, passioni, e una tolleranza così naturale e invidiabile tra le diverse fedi pari solo all'odio feroce che è riuscito poi a dividerle, come i popoli delle sponde del lago. Ocrida «lussurioso, pieno di luce», selvaggio; eppure intriso di un «malessere», come se il cuore tormentato dell'Europa fosse sempre lì, pronto a esplodere in un nuovo conflitto.

Ocrida e Prespa, dice Kassabova, sono «incastonati come diamanti nelle vallate tra le montagne della Macedonia occidentale e dell'Albania orientale» (anche se la prima, dal 2019, si chiama Repubblica della Macedonia del Nord) e, visti dall'alto, sembrano due occhi che spuntano fra montagne inaccessibili, non comunicanti fra loro. Ma solo in superficie, perché sotto, attraverso le rocce calcaree del Monte Galicica, i corsi d'acqua sotterranei che provengono dal Prespa si immergono nell'Ocrida, in un sistema di collegamento unico. E l'Ocrida è, anche, il lago più antico d'Europa, forse il secondo al mondo: ha almeno un milione di anni, forse tre, un'eternità (la media è di centomila anni).

Ma, leggendo Il lago, nulla pare possa essere simile a Ocrida, e si capisce perché un monaco rassicuri Kapka che lo spirito di Anastassia sia sicuramente ritornato lì, su quelle sponde, che dividono e uniscono, da millenni. Nel suo viaggio, Kassabova incontra camionisti, pescatori, tassisti; e poi «i custodi dell'ultimo tekke», ovvero gli eredi dei mistici sufi; la pronipote di Trena, prima donna a fare uno scandaloso bagno in costume nel lago alla luce piena del giorno; una gioielliera bis-bisnipote di uno dei «cospiratori di Salonicco», membro di quella «Organizzazione rivoluzionaria interna macedone» che insieme all'Ira detiene il primato (seppur discutibile) di «primo movimento europeo moderno in lotta per l'indipendenza a trasformarsi in gruppo terroristico»; suonatori e cantanti locali, discendenti dei menestrelli di Ocrida, la cui tradizione nacque fra i bogomili del Medioevo, una setta cristiana che si ribellò ai feudatari e alla chiesa e perciò venne perseguitata... E poi c'è Prespa, un lago percorso da venti fatali, in superficie e fra le sue acque, il lago che i quindicimila uomini dell'esercito dello zar Samuele, sconfitto dai bizantini, raggiunsero dopo tre mesi di cammino fra le montagne: erano stati accecati dai nemici, tutti, tranne un uomo ogni mille, perché potesse riportare i compagni a casa. Trecento chilometri per tornare alle acque di Prespa, nel cuore dei Balcani.

Era il 1014, ma ancora si vedono quelle piccole sorgenti dove i soldati accecati lenivano le loro ferite lungo la via, perché, anche quando la terra sanguina, l'acqua ci cura.

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