Cuore: una ricerca giapponese suggerisce le terapie integrate

Arriva dal Giappone la conferma che gli antagonisti dell’angiotensina 2 migliorano notevolmente la sopravvivenza dei pazienti ipertesi e scompensati. Pochi giorni fa Lancet ha pubblicato lo studio Jikey, coordinato dall’Università di Tokio e condotto per tre anni su 3081 soggetti di età compresa tra i venti e gli ottant’anni, che erano già in terapia contro l’ipertensione. Scopo dello studio (che è il primo condotto su vasta scala nelle popolazioni asiatiche) era misurare gli effetti di un antagonista dell’angiotensina 2, in questo caso il Valscartan, in aggiunta alla terapia tradizionale. In particolare, i cardiologi giapponesi intendevano misurare gli effetti di questa «integrazione» su: infarto, ictus, aneurisma aortico, scompenso cardiaco congestizio. I risultati che abbiamo trovato su Lancet sono lusinghieri, tanto che hanno portato a concludere la ricerca dopo solo tre anni. Al termine dello studio Jikey si è osservata una netta diminuzione della mortalità per questi motivi: riduzione del 39 per cento del rischio di eventi cardiovascolari come ictus, dewl 46% di scompenso cardiaco, del 65% di ricovero per angina pectoris;riduzione della pressione arteriosa (per tutta la durata della ricerca) ad una minima di 77 e ad una massima di 131.
Risultati positivi anche nella frequenza cardiaca e nella tollerabilità della terapia integrata.

È facile prevedere che questo studio permetterà non solo ai pazienti giapponesi ma anche a quelli asiatici in generale, di rendere più sicuro ed efficace il controllo della loro pressione arteriosa.
A questo studio giapponese seguiranno presto nuove sperimentazioni europee finalizzate all’accertamento di benefici cardiovascolari nei pazienti ipertesi.

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